Perché il 3D non funziona e non funzionerà mai

Qualche giorno fa Roger Ebert ha pubblicato nel suo blog del Chicago SunTimes una lettera molto interessante riguardo al sistema 3D, croce e delizia del 2010, scritta da Walter Murch.

Per chi non lo sapesse Murch è forse uno dei montatori e dei sound designer più importanti del cinema moderno. Vincitore dell’Oscar per il Miglior Montaggio nel 1979 grazie al film Apocalypse Now, ma anche di due Oscar per il Miglior Sonoro e Miglior Montaggio sonoro per Il Paziente Inglese nel 1996, per gli esperti del settore è praticamente un’autorità assoluta.

Walter Murch stesso ha coniato il termine Sound Designer, e insieme ai suoi colleghi ha sviluppato l’attuale standard di formato audio del film, il sistema 5.1, contribuendo ad elevare l’arte e l’impatto del sonoro in un film verso vette sempre più elevate (e Apocalypse Now fu il primo film multi-canale della storia ad essere montato utilizzando un sistema computerizzato).

Murch si è sempre aggiornato con le nuove tecnologie ed è l’unico montatore della storia ad aver ricevuto nominations all’Oscar utilizzando 4 sistemi di montaggio computerizzato diversi (Moviola, Kem piano, Avid e Final Cut Pro).

Una lettera di una persona così competente sulla questione del 3D, decisamente esperta di come l’immagine cinematografica interagisce con gli occhi del pubblico, che praticamente si conclude affermando che “Il 3D con il nostro cervello non funziona e non funzionerà mai, ed è scandaloso che venga richiesto un sovrapprezzo per osservare immagini di qualità inferiore che confondono il cervello” non può che essere letta ed analizzata con attenzione.


Leggiamo ora qualche passo tradotto dello sfogo cartaceo del signor Murch.

” Ciao Roger,
Ho letto la tua recensione di “The Green Hornet”, e anche se non ho visto il film, sono d’accordo con i vostri commenti sul 3D.

L’immagine 3D è scura e di piccole dimensioni. In qualche modo gli occhialini raccolgono l’immagine – anche su un enorme schermo Imax – e la fanno sembrare grande la metà della stessa immagine osservata senza occhialini.”

“Mentre un paio di questioni come le immagini scure e piccole sono almeno teoricamente risolvibili, il più grande problema con il 3D è la questione convergenza/focus visto che il pubblico deve focalizzare il piano dello schermo che è ad esempio a 25 metri di distanza, ed è una costante.

Ma i loro occhi devono convergere a 3 metri, 18 metri, 36 metri e così via, e l’illusione del sistema stereoscopico dipende da questo. In questo modo i film in 3D ci chiedono di focalizzare ad una distanza ma di convergere ad un’altra. E in 600 milioni di anni di evoluzione non ci era mai stato posto questo problema! Gli occhi di tutti gli essere viventi focalizzano e convergono alla stessa distanza!”

Una piccola spiegazione: la focalizzazione avviene quando i raggi luminosi di un’immagine si concentrano sulla nostra retina, mentre la convergenza è la fusione dell’immagine che riceve l’occhio destro con quella dell’occhio sinistro per formare un’unica immagine.

Nella proiezione stereoscopica la percezione di profondità deriva dalle differenti visioni che abbiamo tra l’occhio sinistro e l’occhio destro. Quando le due immagini coincidono sullo schermo avremo la sensazione che l’oggetto è posizionato sullo schermo, mentre quando le due immagini sono spostate l’una rispetto all’altra, gli occhi tendono a convergere per fonderle in un’unica visione (fusione stereoscopica).

Il nostro cervello avrà quindi l’illusione che l’immagine sia posizionata nel punto di convergenza degli assi di visione.

L’esperto continua:

“Se noi guardiamo una saliera sulla tavola vicino a noi, noi focalizziamo a 2 metri e i nostri occhi convergono a due metri. Immaginiamo quindi un triangolo con la base posizionata tra i nostri occhi e il vertice posizionato su quello che stiamo osservando. Ma se poi noi spostiamo lo sguardo fuori dalla finestra e focalizziamo e convergiamo a 20 metri, il triangolo immaginario si “apre” e i lati (le linee della vista per ogni occhio) diventano quasi, quasi, parallele.

Noi possiamo farlo. I film in 3D non funzionerebbero se non si potesse. Ma è come battersi la testa con una mano e strofinarsi il ventre con l’altra: si può fare, ma è molto complicato! Il “processore” del nostro cervello deve lavorare molto di più, per questo dopo 20 minuti a molti spettatori compare il mal di testa.

Stanno facendo qualcosa che nemmeno 600 milioni di anni di evoluzione li ha abituati a fare. Questo è un problema grave, che nessuna tecnologia è in grado di correggere. Niente potrà risolvere a breve il problema di produrre vere e proprie immagini olografiche.

Di conseguenza montare film in 3D non può essere rapido come per i 2D, a causa di questo continuo spostamento della convergenza: ciò richiede un certo numero di millisecondi al sistema occhio-cervello per catturare lo spazio di ogni inquadratura e aggiustarla/regolarla.”

Come ultima questione Murch affronta il fattore “immersione” che un film in 3D può fornire agli spettatori e si chiede:

“Quando la storia di un film è buona, già cattura lo spettatore proiettandoli in una sorta di spazio onirico senza limiti. Quindi una buona storia ti darà una maggiore dimensionalità più di quanto altre tecniche non potranno mai fornire.”

Conclude chiedendosi:

“In sostanza i film in 3D sono scuri, piccoli, traballanti, alienanti ed inducono mal di testa. Per di più sono costosi per lo spettatore. La domanda è: quanto tempo impiegherà la gente a realizzare ciò e a stancarsi?”

In tanti forse abbiamo condiviso queste ultime parole nei mesi scorsi, uscendo attoniti dalla visione di qualche film in 3D (soprattutto di quelli convertiti con dubbia qualità).

Sentirle dire ad alta voce da una persona competente come Walter Murch ci fa capire che le sensazioni provate non solo sono condivisibili, ma hanno anche una base scientifica che pone seri dubbi alla realizzazione di un sistema stereoscopico veramente efficace.

La domanda che ci possiamo porre ora è se, sopravvissuti a decine di anni di cinema senza 3D, possiamo tranquillamente continuare a farne a meno oppure se i miracoli che la scienza ci propone ogni giorni nei campi più diversi potranno risolvere quello che attualmente sembra impossibile.

Ai posteri larga sentenza. Certo che in un paio d’anni si può contare veramente sulle dita di una mano le pellicole che hanno raggiunto una discreta qualità di visione 3D.

Fonte: chicago suntimes,wikipedia

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