Il 3D in pellicola è realtà (da incubo)

Il 3D moderno è digitale, si basa su quella tecnologia e per quello funziona diversamente da quello del passato. Ma il digitale costa e oggi fanno capolino i primi sistemi per rendere i normali proiettori capaci di mandare film in pellicola 3D. Si tratta di una notizia ottima per gli esercenti e pessima per gli spettatori, i quali come spesso capita saranno per lo più ignari delle opportunità che gli sfuggono.
Da quando è cominciata la grande operazione di penetrazione nelle sale mondiali della tecnologia per la visione stereoscopica moderna, si è detto più volte che uno dei pregi maggiori è di forzare gli esercenti al passaggio verso i proiettori digitali. Anzi, è acclarato che tanta insistenza da parte dei produttori/distributori nel fare film in 3D e spingerli in giro (in molti casi finanziando le sale perchè comprino la tecnologia adeguata) è finalizzata ad avere il digitale nelle sale, cioè apparecchiature che consentano di distribuire i film non in pellicola (che significa portare le pizze con un camion e un impiegato) ma via internet (che significa abbattere grandissima parte dei costi).

Il sogno di un parco sale interamente digitali che sembrava ora finalmente ipotizzabile (sebbene in un remoto futuro) potrebbe infrangersi di fronte ai nuovi brevetti di Technicolor e OculR. Le due società hanno infatti messo a punto separatamente due sistemi diversi (leggi: rivali) per mandare film tridimensionali con un normalissimo proiettore in pellicola.
In entrambi i casi si tratta di fornire una pellicola stampata appositamente, una lente particolare che fa il lavoro e i soliti occhialini, il risultato (dicono le aziende) è pari a quello del 3D digitale.
In realtà pari non lo sarà mai, perchè di pellicola si tratta, il che significa che un margine di fastidiosa imprecisione è fisiologico (tanto che entrambi i sistemi sono dotati di sistemi di correzione in diretta per i proiezionisti) e soprattutto che non si potrà godere dello splendore del digitale.


OculR è una joint venture di ex dirigenti di Panavision (attrezzature), RealD (operatori nel campo del 3D) e MGM/Fox (distributori) e sfrutta un brevetto (Oculus 3D) che prevede di stampare pellicole nelle quali ogni frame è diviso in due verticalmente, cioè ogni fotogramma ha due immagini affiancate a polarità diversa. La lente speciale poi le rende una sola e la proietta sullo schermo. L’occhiale fa il resto come al solito.
Technicolor invece è il colosso della postproduzione che ha in mano già tantissima parte dei processi di lavoro sulla pellicola (compresa la sua digitalizzazione) per gran parte del mercato mondiale (il che significa, per dire, anche italiano) e ha messo a punto un sistema simile che divide il fotogramma sempre in due ma orizzontalmente con la relativa lente che aggiusta il tutto per la proiezione e gli occhialini a fare il lavoro di rifinitura finale.

L’idea, nella propaganda delle aziende, è di portare il 3D anche alle sale che non possono ammodernarsi e di consentire una più agevole transizione verso il momento in cui tutte diventeranno digitali. La realtà dei fatti però è che se le sale vogliono solo guadagnare di più da questo 3D (come è anche corretto), ma se possono comunque maggiorare il biglietto (e possono), perchè una volta passati a questo 3D low cost dovrebbero poi comprare un costosissimo proiettore digitale? E lo spettatore che si troverà di fronte un film 3D in pellicola non potendo conoscere la differenza che giudizio darà su questo nuovo stile di visione lontano anni luce dalla perfezione del digitale?
Per molto tempo abbiamo detto che il 3D moderno non è come quello di una volta, che risolve i suoi problemi e che è sostanzialmente migliore. La versione in pellicola rischia di negare quest’assunto riducendo drasticamente i passi avanti fatti dagli anni ’80 ad oggi.

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