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Come sostenere veramente la Cultura…

Ha suscitato preoccupazione la notizia di diversi tagli al mondo della Cultura. Le reazioni sono state prevedibili. Ma forse è il caso di cambiare strategia …

Per noi la Cultura è fondamentale. Lo è ovviamente perché chi scrive, come ogni addetto ai lavori di questo settore, si guadagna da vivere grazie alla Cultura. E, molto probabilmente, la Cultura (intesa in senso spesso più ampio di quanto vorrebbero certe persone, che non vedono l’ora di mettere degli steccati) ha formato la nostra vita e sarebbe stata importante anche se non fosse diventata un lavoro.

Ma per buona parte degli italiani, non è così. Giusto o sbagliato, la Cultura non è fondamentale e preferiscono che si investa su altri settori, come peraltro dimostrato dalle forze politiche che sono state votate e sono attualmente al governo. La reazione consueta a questo stato di cose è lamentarsi e indignarsi. Ma questo non aiuta, soprattutto se lo si fa con quei toni apocalittici per cui sembra che da domani tutti i cinema, i teatri e i musei dovranno chiudere. E magari, con quell’atteggiamento che fa pensare che i sostegni dello Stato siano un diritto inalienabile e che ci è dovuto (gli americani direbbero, ‘entitlement’), un modo di fare che ci rende spesso distanti e odiosi al Paese.

Il paradosso è che arriviamo a lamentarci che certe attività culturali vengono colpite e poi ricordiamo che sono in crisi, pensando così che abbiano maggior diritto di aiuto. Ma qualche dubbio ce lo poniamo sul perché della crisi e se è opportuno difendere aziende che non si reggono proprio in piedi? E siamo rimasti ancora all’idea che un libro comprato in una libreria indipendente è Cultura e lo stesso volume acquistato su Amazon non abbia lo stesso valore (anzi, sia da criticare), così come vedere un film in una monosala sia sostenere l’Arte mentre fruirlo in una multisala con 16 schermi sia vile commercio?

Ma cosa dovremmo fare, invece di indignarci? Facciamo qualche modesta proposta in merito.

– Attualmente, ha fatto scalpore la diminuzione del tax credit alle sale. Ci si lamenta che così vedremo meno film indipendenti e rischiosi, ma il discorso della programmazione limitata non funzionerà. Intanto, perché le regole sono discutibili, visto che viene premiato chi programma film europei, e quindi nel discorso possiamo inserire anche grandi blockbuster hollywoodiani considerati inglesi, come la serie di Animali fantastici o tutti i film di James Bond. Ma soprattutto perché non riuscirete a convincere una persona comune che sia fondamentale proporre film passati a Locarno in questo momento del Paese. E di sicuro non aiuta dire continuamente che le sale sono in crisi (qualsiasi imprenditore vi dirà che chi è in crisi, in un libero Mercato, a un certo punto deve ammettere la sua sconfitta e deve cessare l’attività). E’ sicuramente meglio far presente come i cinema nel mondo continuino a funzionare bene (in forte crescita nei Paesi in via di sviluppo, con dati di tenuta buona nei Paesi che hanno già una tradizione lunga in merito, nonostante la fortissima concorrenza degli OTT e delle nuove tecnologie in generale) e che quindi sostenere queste attività commerciali (in questo momento, il termine ‘commerciali’ suona molto meglio di ‘culturali’, vi piaccia o meno) faccia bene a tutto il sistema economico italiano. Magari con i dovuti aggiustamenti, per esempio una stagione estiva stabilmente ricca di prodotto.

– Piantiamola di controbattere alla frase “con la Cultura non si mangia” in maniera generica e sdegnata. Intanto perché Tremonti quella frase ha sempre smentito di averla detta e quindi ci siamo trovati un bersaglio facile, ma inesatto. Ma soprattutto perché ha generato un equivoco enorme, in cui abbiamo inserito nell’ambito della Cultura tutto e il contrario di tutto. Quindi, si passa dal Colosseo al film d’autore del regista che continua a prendere contributi al quarto o quinto film, senza aver mai trovato un suo pubblico. Dobbiamo difendere qualsiasi cosa ‘culturale’? No. Insomma, non mettiamo tutto nello stesso calderone, è una tattica suicida. E in questo senso…

…Siamo sicuri, noi per primi, che non si possano fare tagli e che si possa essere utili non solo al governo, ma anche a noi stessi se riuscissimo a suggerire dove tagliare bene? Faccio un esempio. I festival ricevono sovvenzioni importanti (magari ridotte rispetto a un tempo, ma che complessivamente danno vita a cifre non indifferenti). Ma siamo ancora sicuri che, nell’era in cui tutti noi possiamo comprare un qualsiasi dvd dall’estero (o magari, anche più semplicemente, vedere un film in streaming, possibilmente in maniera legale, ma sinceramente anche in maniera illegale), i Festival hanno la stessa funzione che potevano avere 50 anni fa, quando erano l’unico modo per portare al pubblico certi prodotti (mentre adesso, come detto, non hanno più questa funzione esclusiva)? E non parliamo di tutte quelle manifestazioni che proiettano i film gratuitamente, cosa che porta al paradosso di sostenere realtà a pagamento (soprattutto sale cinematografiche) e poi metterle in contrapposizione con realtà che non richiedono un costo al pubblico (chiaramente, le prime in questo modo vengono fortemente penalizzate). Non sarebbe meglio ripensare a realtà del genere, senza trincerarci dietro a totem che ormai non hanno minimamente l’importanza di un tempo?

E comunque, bisognerebbe far presente che il problema non è tanto di tagli (in questi anni, sono stati fatti tagli a scuola e sanità, difficile sostenere a questo punto che la Cultura non si tocca e che è la priorità principale del Paese), quanto di certezze. I produttori, distributori, esercenti e in generale chi lavora in questa industria devono poter programmare e se le regole cambiano costantemente (e/o le risorse che dovevano essere disponibili vengono messe in dubbio) questo diventa complicato. Meglio avere qualcosina in meno (senza esagerare, s’intende) che vivere in questa incertezza.

– Dimostrare (dati alla mano) come i produttori italiani siano generalmente bravi. Quelli di cinema, da tempo ottengono quote di prodotto locale superiore a Paesi europei come Spagna e Germania. Quelli televisivi sono fondamentali per la programmazione dei canali televisivi, in particolare quelli Rai, con ascolti che spesso sono i migliori tra tutta la tipologia di prodotti a disposizione. Non stiamo quindi parlando di operatori culturali che sprecano gli aiuti di Stato per fare prodotti che nessuno vede, ma di ottimi imprenditori che sanno far fruttare (a differenza di altri colleghi di settori diversi, magari meno sotto i riflettori) quello che ricevono.

Insomma, possiamo cambiare tattica. O invece mantenere lo stesso tono che portiamo avanti da decenni. Magari ‘ci convinceremo’ di avere ragione tra noi addetti ai lavori (questo peraltro non è mai stato un problema, siamo bravissimi a darci ragione sull’importanza della Cultura, sia sui mass media o nei convegni tra di noi), ma non convinceremo gli altri. E non ci possiamo più permettere di parlare solo a ‘noi’, solo insomma a qualche migliaio di addetti ai lavori. Dobbiamo riuscire a parlare a ‘loro’. Perché se non ci riusciamo, non è un problema loro. E’ un enorme problema nostro…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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