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Nuovo Decreto Franceschini: cosa comporta davvero per le emittenti italiane (e per il loro pubblico)

Sta facendo molto discutere il nuovo decreto del Ministro Franceschini volto a riformare gli obblighi delle emittenti italiane nei confronti del cinema europeo, e italiano in particolare: ma cosa comporta davvero l’approvazione di questo provvedimento?

Non condiviso dalle emittenti ma ben accolto da autori e produttori, il decreto legislativo sostenuto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è stato approvato dal Consiglio dei Ministri. In rete e sulla carta stampata abbiamo letto interpretazioni di tutti i generi chiaramente diverse in base agli operatori coinvolti.
Ma cosa ha oggettivamente introdotto questa riforma?
Ce lo spiega, in sunto, l’Avv. Chiara Dellacasa dello studio Gallavotti Bernardini & Partners, che ringraziamo per la collaborazione:

Il 2 ottobre 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare tre decreti legislativi in attuazione delle deleghe previste dagli art. 33, 34 e 35 della L. 220/2016 contenente la “Disciplina del cinema e dell’audiovisivo”.
Si tratta di norme contenenti la nuova disciplina e riorganizzazione dei rapporti di lavoro nel settore audiovisivo; di modifica del sistema della revisione cinematografica delle opere audiovisive – con la previsione dell’abolizione del vecchio sistema di censura e introduzione di sistemi di classificazione più flessibili e di una maggior responsabilizzazione degli operatori e dei genitori nella fruizione dei contenuti da parte dei minori – e di riforma dell’art. 44 del Testo Unico Radiotelevisivo.
In particolare il decreto di riforma dell’art. 44 TUR, che regola la promozione delle opere europee e italiane da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi, ha introdotto molteplici novità traslate dal sistema francese:
– Per tutti gli operatori è prevista, in merito agli obblighi di programmazione dei fornitori di servizi media audiovisivi lineari, una quota di riserva per le opere europee pari al 55% a partire dal 2019 che sarà poi elevata al 60% nel 2020, con la previsione di una sotto-quota riservata alle opere di espressione originaria italiana pari alla metà per la concessionaria del servizio pubblico e ad un terzo per gli altri operatori;
– In merito agli obblighi di investimento è previsto: 1) per le emittenti commerciali: una quota di investimento pari, nel 2019, al 12,5% in opere europee (elevata al 15% nel 2020) e di cui la maggior parte dedicata alle opere prodotte da produttori indipendenti; all’interno di questa quota è prevista una sotto-quota riservata alle opere cinematografiche di espressione originale italiana non inferiore al 3,5% degli introiti netti della emittente a partire dal 2018 (che salirà al 4% nel 2019 e 4,5% nel 2020); 2) per la concessionaria del servizio pubblico la quota di investimento nelle opere europee è pari al 18,5% nel 2019 e al 20% nel 2020 da calcolarsi sui ricavi complessivi derivanti dal canone, con sotto-quote riservate alle opere cinematografiche di espressione originale italiana che variano dal 4% nel 2018, al 4,5% nel 2019 e al5% nel 2020;
– Gli obblighi di investimento e programmazione vengono estesi anche ai fornitori di servizi media audiovisivi a richiesta (Netflix, Infinity, etc.);
– Viene introdotta una nuova definizione di “produttore indipendente”;
– Vengono innalzate le sanzioni che variano da 100.000 a 5 milioni di euro ovvero fino al 3% del fatturato quando tale importo è superiore a 5 milioni.

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