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Netflix: “La maggiore innovazione al cinema? Il gusto del popcorn”

Le dichiarazioni di Reed Hastings non miglioreranno il rapporto tra Netflix e le sale cinematografiche. Ma cosa c’è dietro?

Reed Hastings, fondatore di Netflix, in una recente tavola rotonda con i giornalisti, ha sostenuto che la maggiore innovazione delle sale cinematografiche degli ultimi 30 anni sia stato un popcorn migliore. E’ una frase perfetta per far discutere, anche se ovviamente provocatoria e anche poco veritiera (vogliamo dimenticare che i cinema hanno affrontato grandi spese per passare dalla pellicola al digitale?).

Ma il problema vero di Netflix (più che dare ‘attestati’ di innovazione) ovviamente dipende dalla ferma resistenza dei grandi circuiti a non abbandonare il sistema delle window, tanto da spingere Hastings a un’altra frase apparentemente ingenua come “non siamo contro i cinema, ma vorremmo che i prodotti uscissero in contemporanea”.

Ma visto che Hastings è tutt’altro che ingenuo, forse conviene capire dove vuole andare a parare. Ci sono state molte proposte per ridurre le window e/o fare esperimenti di day and date, ma quelli più significativi hanno al centro l’idea che parte dei proventi che arriverebbero da questi sfruttamenti casalinghi e ‘rapidi’ debbano andare agli esercenti, come forma di compensazione. Un mezzo, insomma, per trovare il loro appoggio.

Sostanzialmente, quello che dicono i responsabili di Netflix agli esercenti è invece: siete vecchi e non capite i nostri tempi, il consumatore vuole tutto e subito, non accontentarlo è da pazzi. Si può essere più o meno d’accordo con l’ideologia alla base, ma sicuramente non è un modo efficace per trattare con le sale.

E forse, non è neanche il modo migliore per “far crescere il mercato dei film”, come sostiene di voler fare Hastings. Perché, se c’è una cosa chiarissima al momento, è che ormai sono rimaste solo due window fondamentali: il periodo di esclusiva delle sale. E tutti gli altri sfruttamenti. In effetti, sugli altri si può ‘giocare’, come per esempio faranno Raicinema e Timvision, con i titoli della prima società che passeranno sulla piattaforma della seconda dopo un anno, saltando la finestra tradizionale della pay tv.

Ma è veramente difficile pensare che le sale possano sopravvivere senza una finestra adeguata (che magari non saranno i 90-105 giorni attuali, ma neanche una window di poche settimane come propone qualcuno o addirittura la contemporaneità) e di sicuro non si può chiedere agli esercenti di rinunciare a certe ‘vantaggi’ (giusti o meno, vetusti o moderni, poco importa) senza dare loro nulla in cambio. D’altronde, Netflix non riceve nessun vantaggio dallo sfruttamento in sala (né, d’altro canto, rappresenta una risorsa per gli esercenti), ma sinceramente avrebbe grandi benefici se il sistema dei cinema crollasse (o anche, semplicemente, diminuisse il suo fatturato).

Forse, è importante sottolineare la differenza di strategia con il suo grande rivale, Amazon. Quest’ultimo può spendere soldi importanti per sostenere alla fine Amazon Prime (se siete abbonati a questo servizio, avete il catalogo di film e serie gratuitamente) e può anche lasciare la regolare finestra cinematografica per i film che compra, come evidenzia il successo di Manchester by the Sea. E, come segnalato da Deadline, può spendere per dei film da cinefili, piuttosto che realizzare dei franchise enormi o concentrarsi su titoli smaccatamente commerciali. Di sicuro, se volessero farlo, le risorse economiche ad Amazon non mancano di certo, ma per ora non è stata questa la strada scelta.

Netflix invece ha la produzione e diffusione di audiovisivo come suo core business, anzi come unico business, visto che non ha la pubblicità. Di sicuro, Netflix ha fatto enormi investimenti in questo periodo (c’è chi dice per espandere ancora maggiormente il proprio business e/o per attirare l’attenzione di importanti compratori, magari proprio lo stesso Amazon o Apple) e si è presa rischi importanti, con accordi (per esempio) come quello con la Marvel, che ha dato vita a quattro serie finora (con la quinta, The Defenders – sostanzialmente l’Avengers di Netflix – in arrivo).

Alcune scommesse hanno pagato, ma l’espansione internazionale non è stata così trionfale o almeno non ovunque. Per esempio, le aspettative per l’Italia erano decisamente superiori alle voci che circolano sugli utenti effettivi e regolari.

In questo senso, è buffo che, a sentire certi addetti ai lavori, Netflix in Italia starebbe distruggendo la televisione tradizionale, quando un confronto tra una normale prima serata di Rai Uno e il pubblico da noi che vede Netflix dalle 21.00, probabilmente vedrebbe un rapporto di (almeno) 100 a 1. Insomma, tornando al discorso “Netflix contro le sale”, il concetto è semplice: per fare i modernisti, non è il caso di buttare il bambino con l’acqua sporca…

Robert Bernocchi
E' stato Head of productions a Onemore Pictures e Data and Business Analyst at Cineguru.biz & BoxOffice.Ninja. In passato, responsabile marketing e acquisizioni presso Microcinema Distribuzione, marketing e acquisizioni presso MyMovies.
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