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Video on demand: Portabilità oltre frontiera obbligatoria in tutta l’UE

Una rivoluzione ancora tutta da definire e verificare nella fattibilità, che tuttavia apre scenari molto interessanti per il mercato europeo

Bruxelles ha appena ratificato un accordo che segna la strada per il futuro del mercato digitale dell’audiovisivo: tutte le piattaforme di “servizi di contenuti online” (quindi streaming film, serie tv, sport, musica, videogiochi, ecc) saranno obbligate entro i prossimi nove mesi a rendere fruibile il servizio agli utenti anche fuori dal territorio di residenza, durante viaggi o trasferte in tutto il territorio UE (quello tecnicamente definito come “Digital Single Market”). In sostanza abbonandosi a Netflix in Italia, anche andando in Francia l’utente dovrà avere la possibilità di vedere tutti i contenuti del suo abbonamento (quindi dell’abbonamento italiano: non i contenuti visibili per gli utenti francesi). Questo pone parecchi dubbi, sia dal punto di vista delle aziende (diritti, remunerazione, ecc) che del mercato (film la cui visione sia libera nella finestra VOD in un territorio e non in un altro per esempio).

L’accordo a cui si è giunti, che segue di qualche giorno quello sulle tariffe dei telefoni cellulari e la fine del sovrapprezzo in roaming dentro i paesi UE, arriva a dirimere anche queste controversie, ma lascia comunque una scia di polemiche che già stanno prendendo voce (dall’MPAA americana all’associazione dei distributori europei).

Per la problematica inerente i diritti nazionali si demanda alle aziende la “tracciatura della temporaneità” della fruizione, ovvero tracciare il paese di residenza dell’utente, quando questo si trovi all’estero e che ci stia per un periodo limitato di tempo. Per far questo si permette alle aziende di usare i dati della carta di credito (se si tratta di un servizio a pagamento), la certificazione dell’utenza telefonica o il tracciamento dell’ip (quest’ultimo metodo già usato per oscurare i contenuti fuori dal paese di residenza).

Questo accordo vale non solo per le piattaforme a pagamento come Netflix e Spotify, o gli abbonati di servizi tv online come Now di Sky, ma anche per i fornitori di servizi di contenuti non a pagamento come RAI Play per esempio (che potranno però decidere se rendere fruibili i contenuti con tracciamento o oscurare i contenuti di cui non detengono i diritti per gli altri paesi).

In caso quindi di fruizione certificata per un periodo limitato nel tempo (la durata, tuttavia, non risulta specificata nel testo) l’azienda si riterrà a norma di legge detentrice dei diritti del contenuto anche se l’utente fisicamente si trova fuori dal territorio per cui l’azienda detiene tale diritto: ovviamente tutto ciò vale solo dentro i paesi UE. Viene così risolto il primo conflitto, anche se il costo dell’adeguamento tecnologico va tutto a carico delle aziende fornitrici del servizio.

Il Commissario europeo per l’economia e la società digitale, nonché Vice Presidente della Commissione europea Andrus Ansip ha affermato: “Si tratta di un nuovo passo importante per abbattere le barriere nel mercato unico digitale”. Ha auspicato poi che saranno adottate “altre nostre proposte per modernizzare le norme UE sul diritto d’autore e garantire un più ampio accesso ai contenuti creativi attraverso i confini”.

Rimangono aperti alcuni interrogativi di come la nuova normativa cambierà il mercato in tutta la sua filiera, e se possa spianare la strada al famigerato “Diritto di sfruttamento economico europeo”, ovvero alla discussione in futuro di un diritto sulle opere che valga in tutti i paesi UE (cosa che ovviamente è impensabile per le aziende nazionali di distribuzione, e che altererebbe il mercato drasticamente a favore delle multinazionali del settore che operano su molti territori).

L’associazione dei produttori europei in un documento del 2016 esprimeva parere “fortemente contrario”, rivendicando l’esclusività dei diritti territorio per territorio, e considerando l’operazione una minaccia per i futuri introiti. In effetti il sistema del tracciamento e dell’uso per brevi periodi (che loro stessi avevano proposto) sembra rassicurare, ma la paura è che si stia spianando la strada ad un unico detentore di diritti distributivi a livello europeo, cosa che concentrerebbe il mercato in poche mani, o che ancor peggio poi redistribuirebbe i diritti theatrical territorio per territorio, per poi mantenere quelli tv e Vod (player come Vivendi, Netflix, ecc. ne sarebbero forse ben lieti).

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Guest post di Stefano Fiano:

fiano

Per passione e per lavoro mi occupo di Marketing e Comunicazione nel mondo dell’entertainment.
Dopo un’esperienza alla direzione della Renault Italia, sono approdato al marketing per l’industria cinematografica, prima come Media manager e Web marketing manager, poi da Product manager curando tutti gli aspetti delle campagne di lancio di un film.
(Notorious Pictures, Moviemax Media Group, RAI Cinema e tante altre aziende)

Stefano Fiano
Per passione e per lavoro mi occupo di Marketing e Comunicazione nel mondo dell’entertainment. Dopo un’esperienza alla direzione della Renault Italia, sono approdato al marketing per l’industria cinematografica, prima come Media manager e Web marketing manager, poi da Product manager curando tutti gli aspetti delle campagne di lancio di un film. (Notorious Pictures, Moviemax Media Group, RAI Cinema e tante altre aziende)
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