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Legge cinema: il CdM approva il ddl che istituisce un unico fondo per cinema e audiovisivo

Un aumento dei contributi del 60%, ampliamento del tax credit, nuovi premi automatici ai film più forti in sala e niente più censura: ecco alcuni dei punti al centro della nuova legge sul cinema, che tenta di avvicinarsi un po’ al decantato modello francese.

Un fondo sul modello francese, sostenuto dal prelievo di filiera, più contributi automatici, estensione di tutte le forme di tax credit e un minimo di stanziamenti annui di 400 milioni di euro. Questi alcuni dei punti salienti del nuovo quadro normativo relativo al settore cinema e tv tracciato dal Disegno di legge approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. Una misura che per la prima volta riunisce sotto un unico cappello il sostegno statale alle opere audiovisive di ogni tipo, mettendo ordine in una materia finora regolata in modo frammentario, nonostante il tentativo di riordino avvenuto  nel 2004 con la cosiddetta legge Urbani, poi modificata da molteplici interventi per lo più discontinui e dovuti alla necessità di garantire periodicamente il rinnovo dei contributi pubblici al comparto.

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Il nuovo ddl, già comunemente ribattezzato col nome del ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, intende proprio emendare tale meccanismo, garantendo un afflusso certo di risorse e meccanismi non selettivi per l’allocazione delle stesse lungo i vari anelli della filiera. Anche per questo motivo il nuovo provvedimento ha raccolto il plauso dell’Anica, l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali, che l’ha definita come uno dei testi più avanzati a livello europeo, e ha già trovato il consenso di produttori televisivi (Apt), associazioni degli esercenti e, seppur con riserva, degli autori cinematografici. Nel suo ultimo comunicato, l’associazione dei 100autori ha infatti parlato di “provvedimento apprezzabile” ma da tenere sott’occhio, in quanto carente di garanzie a favore delle opere indipendenti e dell’effettivo coinvolgimento del comparto artistico nel sistema progettato dal testo di legge.

Vediamo dunque i punti salienti della normativa:

Il  “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e l’audiovisivo”

Questo fondo è il centro della nuova struttura di sostegno e raccoglie sotto un’unica voce i contributi diretti a opere prime e seconde, il sostegno automatico e gli incentivi indiretti di tipo fiscale, ossia il tax credit. Come da tempo richiesto da parte delle associazioni di categoria, non sarà finanziato attraverso provvedimenti di tipo temporaneo bensì in modo stabile dal cosiddetto “prelievo di filiera”, cioè da contributi provenienti da tutti i soggetti che sfruttano il prodotto audiovisivo: distributori, sale, emittenti tv e finanche provider di Internet, che con la crescita del consumo di video online è ormai diventato un canale regolare di diffusione di film e programmi tv. Un tale impianto costituisce una novità assoluta per il sistema italiano, finora considerata di difficile realizzazione proprio per il coinvolgimento di soggetti terzi rispetto agli anelli di base dell’industria cinematografica (produzione, distribuzione ed esercizio). Ciò induce a pensare che la sua attuazione sia stata resa possibile da una sorta di “compromesso”: il prelievo infatti non deriverà da imposte aggiuntive a carico dei player dell’audiovisivo bensì da un dirottamento dei versamenti già dovuti all’erario da parte delle suddette attività. Nello specifico si tratterà di una percentuale fissa (11-12%) del gettito Ires e Iva, senza nessun esborso in più per quelle categorie che – non a caso – plaudono al provvedimento. Nella sua comunicazione ufficiale, il Mibact lo definisce “un meccanismo virtuoso di autofinanziamento della filiera produttiva”, che non sarà nemmeno soggetto alle oscillazioni degli introiti dei settori coinvolti: lo Stato infatti garantisce che l’ammontare annuo del fondo non sarà mai inferiore ai 400 milioni di euro. Una cifra impressionante se si pensa che, nel 2014, il contributo pubblico nel suo complesso ha superato di poco i 200 milioni: l’incremento previsto dal Mibact è del 60%, ossia 150 milioni di euro.

Il 15% dello stanziamento sarà riservato alla promozione dei segmenti meno forti del mercato quali: opere prime e seconde, giovani autori, start-up e piccole sale. Sul fronte dell’esercizio, si introdurranno anche meccanismi più semplici  per il riconoscimento dell’interesse culturale dei cinema storici. Verranno inoltre rafforzati i contributi a favore dei festival e delle rassegne di qualità ed elaborato un Piano nazionale per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo.

Cinema Italiano anno 2014

Il sostegno automatico

Già previsto dalla legge Urbani del 2004, si tratta di un contributo non selettivo, cioè non legato alla valutazione di una commissione bensì a parametri fissi, che in questo caso riguarderanno i risultati economici, artistici e di diffusione, ossia sostanzialmente box office e riconoscimenti ricevuti. Una misura in passato fortemente criticata proprio per la sua tendenza a premiare titoli già di per sé commercialmente molto forti e dunque meno bisognosi di un sostegno statale. Tanto più che, a differenza del 2004, ora sparisce anche il criterio dell’ “interesse culturale”, mantenuto per le strutture cinematografiche ma non per le opere, e con esso gli organismi ministeriali atti ad attribuirlo ai titoli richiedenti (ci si chiede che fine faranno dunque le risorse riservate alla programmazione d’essai). Il contributo automatico sarà rivolto a tutte le opere di nazionalità italiana, seppur vincolato al reinvestimento in altre produzioni cinematografiche.

Niente più censura

Affezionati alla dicitura V.M. 18 o V.M. 14? Ebbene dovrete rinunciarci: al pari degli Stati Uniti, ora saranno le stesse industrie a indicare al pubblico quali visioni siano adatte ai più piccoli e quali no. Il nuovo sistema di classificazione, tuttavia, sarà affidato al Governo su delega dello stesso testo di legge.

Incentivi fiscali potenziati

A beneficiare delle maggiori risorse disponibili saranno anche gli sgravi fiscali. Aumenta infatti al 30% la quota degli investimenti recuperabili tramite tax credit da parte di: imprese di produzione, distribuzione, post-produzione; distributori che programmano il cinema italiano; imprese italiane che lavorano per produzioni straniere; imprese esterne al settore che investono nel cinema italiano (tax credit esterno); esercenti. Credito fino al 40% invece per i produttori indipendenti che si distribuiscono il film in proprio.

5 milioni dal MISE

Grazie a un accordo tra Mibact e Ministero per lo Sviluppo Economico, anche l’audiovisivo entrerà a far parte del Fondo di garanzia per le PMI: questo assicurerà risorse immediate aggiuntive per 5 milioni di euro.

Il Consiglio superiore per il cinema e l’audiovisivo

Se spariscono le commissioni ministeriali, nasce invece un Consiglio, destinato a svolgere “attività di elaborazione delle politiche di settore, con particolare riferimento alla definizione degli indirizzi e dei criteri generali di investimento a sostegno delle attività cinematografiche e audiovisive”. Sarà composto da 10 membri di alta competenza ed esperienza nel settore, di cui uno (soltanto) espresso dalle associazioni di categoria, punto su cui si concentrano parte delle preoccupazioni dei 100autori. Si potrebbe però notare con una certa inquietudine anche l’intrinseca contraddizione nell’annunciare, da una parte, la fine della discrezionalità nell’assegnazione di classificazioni e contributi, e dall’altra istituire un organismo politico (poiché di nomina prevalentemente ministeriale) per l’indirizzo degli stessi. Non è ancora possibile prevedere l’intrusività di una tale istituzione, ma di sicuro la sua sola previsione ridimensiona di molto  la portata “rivoluzionaria” dell’abolizione delle commissioni.

Oltre al provvedimento, il testo del ddl delega anche il Governo all’emanazione di un decreto legislativo per il riordino complessivo del settore, chiamato “Codice dello spettacolo”, dove confluiranno anche la riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche e il riassetto di tutti i rami del comparto: dal teatro, alla prosa, alla danza, agli spettacoli viaggianti e alle attività circensi.

Il processo sembra dunque appena iniziato, e porta con sé luci e ombre: da una parte, sembra estremamente positivo l’aumento delle risorse complessive e la stabilità delle fonti. Dall’altra, unendo in un unico calderone tutte le attività audiovisive, bisognerà vedere quanto aumenterà effettivamente il sostegno a ciascuna opera e soprattutto quanto rimarrà a disposizione dei lavori davvero sperimentali e in grado di rinnovare il nostro sistema audiovisivo (e dunque ampliare il mercato). Nessun incentivo sembra inoltre riservato alla formazione, tanto che nemmeno un centro di eccellenza come il Centro Sperimentale di Cinematografia trova spazio nel provvedimento. Latitante anche il fronte della promozione e delle campagne a favore del riavvicinamento del pubblico allo spettacolo cinematografico. L’impressione, in sintesi, è che tutto sia cambiato per non cambiare nulla, ma per un responso più chiaro bisognerà aspettare di vedere in azione la nuova normativa, compreso il sopracitato Codice dello Spettacolo.

 

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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