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Pride aumenta le copie, la strategia distributiva di Teodora raccontata da Cesare Petrillo

Seconda media per copia della classifica per Pride di Teodora che ha esordito questo weekend totalizzando oltre 134mila euro in 29 sale con una media di 4.634 euro (seconda, appunto, subito dopo quella del film di Aldo Giovanni e Giacomo). E dalla prossima settimana il film allargherà la propria distribuzione come spiega a Cineguru Cesare…

Seconda media per copia della classifica per Pride di Teodora che ha esordito questo weekend totalizzando oltre 134mila euro in 29 sale con una media di 4.634 euro (seconda, appunto, subito dopo quella del film di Aldo Giovanni e Giacomo). E dalla prossima settimana il film allargherà la propria distribuzione come spiega a Cineguru Cesare Petrillo, amministratore unico della società di distribuzione:  «La strategia distributiva che abbiamo deciso di utilizzare per questo film è la classica strategia Teodora, che non si discosta quasi per nulla da quella utilizzata negli anni scorsi per film, ad esempio come Irina Palm, ovvero uscire inizialmente con una trentina di copie (tra cui provare a entrare in qualche multiplex) soprattutto nelle grandi città, dove sappiamo c’è mercato, pubblico e richiesta per questo genere di pellicola; sono piazze che reggono l’urto della novità. Lì il dato è particolarmente buono. Nel caso di Firenze, per esempio Pride è stato in testa tutto il weekend. Spesso i distributori tendono a uscire con un numero elevato di copie per massimizzare il risultato nelle prime settimane, un po’ seguendo il modello di quello che faceva De Laurentiis ai tempi d’oro del cinepanettone. Ma se quello che si vuole ottenere è una lunga tenitura questa strategia non funziona, soprattutto per quei film come Pride, Mommy, Storie Pazzesche, ecc. che sono tutti film senza nomi e senza star. Bisogna individuare le piazze che sanno rispondere in modo adeguato e questo avviene soprattutto nelle grandi città mentre in provincia è più difficile».

Pride Ben Schnetzer George MacKay Andrew Scott foto dal film 1

Pride è stato presentato a Cannes 2014 nella Quinzaine des Realisateurs (e premiato con la Queer Palm, riconoscimento riservato ai migliori film a tematica LGBT). La storia è ambientata nel 1984, in piena era Thatcher e durante lo sciopero dei minatori: il movimento Gay decide di aderire alla protesta e di sostenere  i minatori e le loro famiglie di un piccolo villaggio del Galles. Un sostegno che viene accolto inizialmente con rifiuto, imbarazzo e diffidenza fino a quando l’incontro tra due mondi così diversi genererà cortocircuiti imprevisti ed esilaranti. Il film, diretto da Matthew Warchus, è interpretato tra gli altri da Bill Nighy (Love Actually), Dominic West (protagonista della serie tv The Wire) e Imelda Stauton (Il segreto di Vera Drake). Prosegue Petrillo: «Non ci siamo inventati nulla per quanto riguarda la strategia di distribuzione, semplicemente seguiamo il buon senso del mercato globale. È la stessa operazione che ci ha premiato con altri film come Il giardino di limoni o lo scorso anno con Moliere in bicicletta: usciti con una dozzina di copie siamo arrivati a incassare alla fine 1,1 milioni di euro, il secondo risultato al mondo dopo la Francia (patria del film). Il tentativo con Pride è lo stesso. In alcuni paesi non ha avuto la performance attesa perché si è andati a imitazione della Gran Bretagna dove il film è uscito in 450 copie. Fatto comprensibile in quanto film inglese, con attori inglesi conosciuti e storia e ambientazione tipicamente britannica. Ma non si può replicare la stessa strategia in altri territori. Per Pride sotto Natale arriveremo a circa 70-75 copie in totale. La strategia di Teodora, ripeto, non è cambiata: quest’anno ha avuto un impatto un po’ più forte perché la media copia è effettivamente molto alta, superiore a quella di Moliere in bicicletta dell’anno scorso, ma è anche vero che Pride è sicuramente un film più popolare e più accattivante, più immediato e meno “intellettuale”». Ma quali sono i punti di forza del film? «Pride si iscrive in pieno nella tradizione angloamericana con la capacità unica di mescolare commedia e dramma. Il motivo per cui credo che in Italia, per esempio, il film sia andato meglio che in Francia, è perché siamo un popolo più sentimentale, forse meno colto, ma anche meno snob dei francesi. E forse esce anche in un momento che vede il dilagare dell’omofobia e, di contro, il crescere dell’indignazione di un parte degli italiani, la parte civile e onesta. Quella parte che ha voglia di lottare per le giuste cause e di identificarsi in storie come questa. Ma il film piace, alla fine, perché è soprattutto una bella storia».

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