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Venezia 71 – Cosa abbiamo imparato sul video on demand

Se c’è un merito di quest’ultima edizione del festival lidense è stata quella di occuparsi per la prima volta in modo più esteso delle nuove tecnologie e dei nuovi modelli di fruizione di quel prodotto celebrato dalla kermesse, cioè i film. Non parliamo solo della “sala virtuale” allestita per alcuni dei titoli della sezione Orizzonti…

Se c’è un merito di quest’ultima edizione del festival lidense è stata quella di occuparsi per la prima volta in modo più esteso delle nuove tecnologie e dei nuovi modelli di fruizione di quel prodotto celebrato dalla kermesse, cioè i film. Non parliamo solo della “sala virtuale” allestita per alcuni dei titoli della sezione Orizzonti e di Biennale College, ma di tutti gli incontri ospitati dal Venice Film Market o da altri spazi dedicati agli “addetti ai lavori”, che hanno esplorato il tema del video on demand in modo decisamente più approfondito degli scorsi anni. Ripercorriamo alcuni dei dati salienti emersi nei giorni della 71. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia:

VOD - Quello che abbiamo imparato da

Secondo IHS  il mercato italiano del video on demand arriverà a toccare i 30 milionidi euro nel 2014,  in netto aumento rispetto ai 18 milioni del 2013, ma ancora lontano da altri Paesi europei come la Francia, dove il valore del comparto è di poco inferiore ai 100 milioni, la Germania dove è a quota 150 milioni e il regno Unito, dove grazie alla presenza di lunga data dei servizi di streaming di Amazon, Sky e più recentemente Netflix, si arriverà a oltrepassare i 300 milioni. Le prospettive di crescita dell’on demand italiano nei prossimi 4 anni sono effettive ma non superano di molto il 65%: si parla infatti di 50 milioni raggiunti entro il 2018, con uno sviluppo maggiore del modello “transactional” (il TVOD, cioè noleggio o acquisto di singoli film) piuttosto che di quello ad abbonamento (SVOD), dove non si prevede l’arrivo di competitor stranieri capaci di dare nuova spinta al settore. 

Stando all’indagine statistica condotta per la ricerca ANICA Sala e Salotto, sono 2,7 milioni gli utenti italiani over 15 che hanno già sperimentato servizi di video on demand online, mentre sarebbero 4,4 milioni quelli interessati a provarli. Le due categorie, tuttavia, si sovrappongono solo parzialmente, lasciando intendere un’insoddisfazione degli “early adopters” e un’inadeguatezza dell’offerta in questa fase iniziale di rodaggio del mercato. Sempre secondo tale studio, sarebbero 202 mila le visioni giornaliere di film on demand, contro oltre un milione di transazioni “gratuite” afferenti probabilmente alla sfera della pirateria. Il perdurare della fruizione illegale non ha tuttavia impedito lo sviluppo di un mercato che sembra alimentato soprattutto dagli stessi appassionati di cinema che si recano spesso in sala (11-20 volte l’anno) e consumano film in home video.

L’ingresso a breve termine di player di rilevanza internazionale come Netflix è stato escluso dai ricercatori di IHS, ma anche da Giovanni Scatassa di Rai Cinema, secondo cui l’operatore statunitense non avrebbe cercato alcun contatto con l’azienda di servizio pubblico per diritti o altro. Sarebbe perciò improbabile un suo interesse al mercato italiano del VOD, che secondo Scatassa manca prima di tutto delle necessarie infrastrutture in termini di banda, ma anche di un volume d’affari rilevante. Stando alla sua analisi, non è possibile pensare a uno sviluppo consistente di servizi ad abbonamento prima del decollo del modello TVOD e di una riduzione dei livelli di pirateria. Gli italiani, riassumendo, non sarebbero abituati a pagare per ciò che vedono, e questo costituirebbe anche l’ostacolo principale affrontato dal settore. Viene da chiedersi quanto questo dipenda dall’offerta illegale e quanto dal predominio della tv generalista free, che continua ad avere livelli di fruizione in crescita, al contrario praticamente di tutti gli altri grandi mercati audiovisivi europei (dati sempre IHS).

Importante anche il confronto con realtà internazionali lontane anni luce dalla nostra: ospite ricorrente della Mostra del Cinema è stato infatti il portale iQIYI, leader dello SVOD cinese, con oltre 5 mila titoli in catalogo. Tra le proposte avanzate in via diretta dagli operatori italiani c’è stata quella di includere un numero maggiore dei loro titoli all’interno della piattaforma, come apripista e vetrina di un’offerta cinematografica nostrana che sta evidentemente tentando di ritagliarsi una sua fettina dell’esplosivo mercato cinese. Un mercato che conta su 100 milioni di utenti al giorno di contenuti audiovisivi online, oltre alla forza di un appoggio governativo che ha consentito a iQIYI di diventare in poco tempo il numero uno a livello nazionale e di offrire abbonamenti al costo davvero esiguo di 3,5 dollari al mese. Considerando le dimensioni dell’utenza nazionale e la continua crescita del mobile, che in Cina come riferisce il portale di video on demand ha già superato il traffico da PC, ci sono le basi per cui quel comparto diventi mira dei “right holders” italiani al pari, se non di più, del rispettivo business locale.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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