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Speciale video on demand: intervista a Luca Argentero, direttore artistico di Megatube

“Il nostro pubblico è di qualità nettamente migliore di quello identificato da un dato assolutamente non chiaro come l’Auditel” ci spiega Argentero, direttore artistico del canale di YouTube pioniere nell’offerta italiana di film e serial sul web, in modalità rigorosamente free e on demand.

Portali che offrono abbonamenti mensili, solitamente compresi tra 10 e 20 euro, altri che invece funzionano come vere videoteche sul web, dove acquistare o noleggiare singoli film o serie tv. Se questi sono i principali modelli di business che si sono affermati in campo internazionale per il video on demand online, in realtà la flessibilità del web consente anche altre opzioni, ritagliate sulle esigenze e le abitudini di consumo del pubblico. Vi abbiamo già parlato a questo proposito di Megatube, un canale tutto italiano e completamente free, ospitato su YouTube e dotato di due sezioni: una dedicata alle web serie e una ai film, con una selezione di piccoli cult, animazione giapponese e titoli di genere in grado di far gola a molti appassionati di settima arte. Abbiamo chiesto a Luca Argentero, direttore artistico del canale, di parlarci della particolare formula di Megatube e di come stanno cambiando i comportamenti dello spettatore italiano di fronte alle possibilità offerte dal video on demand (per una fotografia di questo mercato, vi rimandiamo alla nostra apposita sezione su Cineguru). 

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Luca Argentero, prima di tutto, come mai avete deciso di abbinare l’offerta cinematografica a quella di web series?

Le webserie sono un fenomeno in costante crescita che sta diventando assolutamente centrale nelle abitudini di consumo degli italiani. Il grande salto, di cui siamo stati promotori, è stata la vendita della seconda stagione della webserie Megatube “The Pills” a Italia 1 tramite la TaoDue di Pietro Valsecchi. Un salto di questo tipo è sicuramente epocale: oggi le webserie diventano anche un valido carotaggio di quello che il pubblico gradisce maggiormente consentendo una riduzione dei rischi per le TV tradizionali.

Come riuscite a sostenere il vostro modello di business, che non prevede abbonamenti né costi di alcun tipo per la fruizione dei film in catalogo?

Il più grande network privato italiano, cioè Mediaset, ha costruito nel tempo la sua incredibile fortuna senza bisogno di alcun abbonamento ma vivendo esclusivamente di pubblicità. L’italiano, a causa di una recessione senza precedenti, non è più disposto a sopportare ulteriori balzelli per il suo intrattenimento. L’offerta video on demand su più piattaforme e senza necessità di abbonamenti è sicuramente la risposta migliore alle richieste di un pubblico sempre più moderno e al contempo molto attento al budget familiare.

I titoli che avete ora a disposizione cresceranno in numero o è prevista una sorta di rotazione?

Il nostro scopo finale è quello di presentare al pubblico un catalogo vastissimo in costante crescita che sappia soddisfare i gusti di tutti. Il nostro obbiettivo è diventare un punto di riferimento non solo per modalità di fruizione ma anche per qualità e varietà dei contenuti.

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Quanto è difficile reperire titoli per un’offerta free e quali sono i vostri “fornitori” di riferimento?

È tutta questione di far capire alle grandi concessionarie di pubblicità che il nostro pubblico è di qualità nettamente migliore di quello identificato da un dato assolutamente non chiaro come l’Auditel. Tramite Google noi sappiamo esattamente chi ci sta guardando, per quanto tempo ha guardato i nostri contenuti e da dove ci sta guardando. Possiamo fornire in tal modo alle aziende un profilo assolutamente più significativo per indirizzare al meglio le loro pubblicità. Gli investimenti in tal senso sono in costante crescita e i produttori di contenuti vedranno in Megatube una solida arma contro la pirateria e un validissimo strumento per monetizzare i loro cataloghi. Al momento il più illuminato dei produttori è sicuramente Minerva Pictures che ha già messo a disposizione la sua vastissima library con opere di valore sempre crescente e proporzionato all’aumentare dei nostri introiti pubblicitari.

Pensate che la web tv si sostituirà a quella tradizionale? E preverrà il modello della programmazione generalista finanziata dalla pubblicità o altro?

La TV lineare è un modello di business chiaramente in perdita. Mediaset, ad esempio, non ha mai registrato un crollo così netto e deciso come quello degli ultimi anni. Le motivazioni sono molteplici ma la principale è sicuramente dovuta alla necessità del pubblico di “ordinare in tempo reale il suo intrattenimento” e al proliferare dei device sui quali fruire intrattenimento. Gli investitori pubblicitari italiani sono chiaramente indietro rispetto ai colleghi nordeuropei e americani ma arriveranno, col tempo, a capire che il modello di spesa migliore per i loro clienti attraversa la possibilità di descrivere precisamente la demografia di chi guarda il contenuto.

Ormai è praticamente certo che YouTube si convertirà, per il lato musicale, a un modello ad abbonamento stile Spotify. Potrebbe succedere lo stesso ai canali partner?

YouTube Music è una notizia di gennaio 2014 e ad oggi non se ne vede ancora traccia. In un mondo flessibile come quello dell’intrattenimento on demand la parola sta sempre alla data di release ufficiale. Per quanto riguarda il fruire contenuti a pagamento è uno strumento che YouTube già offre ma in cui noi non crediamo se non per titoli di estrema importanza e/o di recente uscita.

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Quanto ci dice il fenomeno delle web series sul cambiamento delle abitudini di visione del pubblico?

Il pubblico, soprattutto in Italia, ha bisogno di recuperare spontaneità e coraggio produttivo. Le TV tradizionali abbondano di prodotti per target molto maturi ma sono assolutamente carenti di intrattenimento per la fascia di età che va dai 12 ai 45 anni. In tal senso le webserie sono specchietto di gradimento in quanto si posizionano ai vertici delle preferenze solo grazie a fenomeni di condivisione e viralità.

Le web series, soprattutto italiane, si distinguono al momento per la giovane età dei realizzatori e spesso del pubblico di riferimento: questa tendenza è destinata a rafforzarsi o a scemare a favore di un ampliamento di pubblico e di realtà produttive?

Sicuramente il tutto sarà determinato, come già accadde in America, dal fluire di capitali consistenti per la produzione di materiale web nativo. House of Cards con Kevin Spacey è nato per Netflix ma è sicuramente un prodotto importantissimo e che soddisfa un ventaglio di età che va dai giovani ai più maturi. Stiamo in buona sostanza sollecitando il mercato produttivo infondendo maggior coraggio nello sfruttamento di piattaforme alternative alla TV tradizionale, soprattutto considerando che lo spettatore oggi tende a preferire il web.

In generale, quale pensi sia il futuro di cinema e tv nell’era dell’online?

Il cinema avrà sicuramente lunga vita: è un fenomeno sociale e produce un impatto sensoriale grandemente differente dalla TV o dal monitor. La TV diversamente non riesce a stare al passo con la velocità di mutamento degli usi e dei costumi della società attuale. Difficile pensare che resterà invariata: quelle emittenti che sapranno cogliere il vento di novità cambieranno struttura e vivranno a vantaggio di tutti quelli che non saranno in grado di leggere i desideri degli spettatori che, da sempre, sono il giudice finale di ogni tipo di media.

 

Vi ricordiamo il nostro approfondimento sul cambiamento del mercato italiano dell’audiovisivo e sulle nuove forme fruizione legale di film e serie online, che potete trovare nello speciale video on demand.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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