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Speciale video on demand #4: Cubovision tra cinema, tv e web

Nella nostra nuova intervista dedicata al VOD, il responsabile di Cubovision, Paolo D’Andrea, ci descrive le molte componenti del servizio offerto da Telecom Italia, compresa quella parte ad abbonamento (o SVOD) che costituisce una delle frontiere più importanti per il settore.

Per il nostro quarto appuntamento col mercato italiano del video on demand ci occuperemo di Cubovision, che nasce quale nuova TV personale e interattiva di Telecom Italia e che declina la sua offerta non solo su una pluralità di dispositivi, ma anche su diverse modalità di fruizione fornite ai propri utenti. Disponibili ad abbonamento o in pay-per-view, su televisione, pc o dispositivi mobili, i contenuti di Cubovision comprendono infatti nuove uscite così come titoli di catalogo, programmi televisivi, sport, servizi di catch up tv e anche prodotti pensati appositamente per la Rete, come i Web Movies di genere di Rai Cinema (collaborazione di cui vi avevamo già parlato QUI).  A descriverci nel dettaglio i servizi di Cubovision, per il nostro speciale video on demand, è Paolo D’Andrea, responsabile del progetto.

Paolo D’Andrea, ci descriva in breve l’offerta di Cubovision.

Cubovision è una piattaforma che Telecom Italia ha portato sul mercato ormai da un paio di anni, e che di fatto è la sintesi di un’esperienza televisiva, cinematografica e web. Per quanto riguarda la componente televisiva, offriamo un servizio che ricorda quello delle pay-tv: c’è un abbonamento e il cliente sceglie tra circa 30 canali. Abbiamo poi una selezione di web tv, mentre per il cinema abbiamo accordi con tutte le principali distribuzioni per mettere a disposizione i film nella finestra prevista per la pay-per-view, e questo è quello che chiamiamo video on demand.  La nostra offerta si articola perciò su tre direzioni ed è anche una sintesi di queste tre esperienze.

Quali sono le caratteristiche principali di Cubovision?

Innanzitutto, il sistema è tutto on demand, per cui anche quella che assomiglia di più alla pay-per-view tradizionale, in realtà, non presenta un’offerta lineare: ci sono 30 canali ciascuno con 30-40 titoli disponibili, tra cui selezionare quello che si vuole. La modalità tecnica è tale per cui tra la scelta del contenuto e la sua effettiva visione passano pochi secondi, perché non c’è un download da effettuare e il titolo viene inviato direttamente in streaming allo spettatore. La seconda caratteristica, ancora più distintiva, è che l’offerta è multipiattaforma: riusciamo a fornire questa esperienza tanto sulla tv quanto su telefonini, tablet e pc. Chi ha delle tv un po’ più vecchie, o magari vuole equipaggiare un secondo schermo, può comprare il decoder e avere un’esperienza altrettanto piena. Il sistema funziona perciò con o senza decoder a seconda delle esigenze dei clienti. Stando a quanto rivelano le ricerche di mercato, il tablet sta inoltre diventando più di un secondo schermo, perché per alcune fasce di clientela la sua interattività e la qualità della visione tendono a sovrapporsi molto all’esperienza televisiva, anche nel prime time. Ecco perché abbiamo deciso di comprare i diritti del campionato di calcio per i tablet, per cui adesso i clienti Tim possono vedere le dirette attraverso Cubovision.

Per quanto riguarda il lato cinematografico del servizio, offrite i titoli sia per il noleggio che per l’acquisto?

Sì, per quanto l’offerta che noi tendiamo a promuovere, perché pensiamo che commercialmente ci sia più spazio, è quella ad abbonamento. Proponiamo un modello un po’ alla Netflix [piattaforma statunitense leader nello SVOD – subscription video on demand, ndr], che consente cioè di vedere tutto ciò che si vuole pagando solo 9,90 euro al mese. Se invece parliamo di titoli in prima visione, questi possono essere sia noleggiati che acquistati, a seconda degli accordi con i distributori, ma la prima opzione rimane largamente la più diffusa.

Per quanto riguarda le finestre, ha detto che quella che in cui riuscite a offrire i vostri titoli è quella della pay-per-view.

Esatto, ci inseriamo in questo arco di tempo, che viene prima di quello previsto per il passaggio dei titoli sulla pay-tv, ma ci interessa anche la finestra che viene dopo, dove appunto è possibile offrire i titoli, principalmente di library, in subscription video on demand.

Che tipo di accordi avete con le distribuzioni. Avete avuto difficoltà a stringerli?

Storicamente abbiamo avuto alcune difficoltà con Warner, Universal e anche Rai e Medusa, perché erano realtà legate ad accordi molto forti con Sky o con la pay-tv di Mediaset. Adesso con Rai abbiamo raggiunto un accordo molto ampio, per cui all’interno della nostra offerta ad abbonamento ci saranno tre suoi canali realizzati appositamente per Cubovision, abbiamo avuto accesso alla loro catch up tv e pensiamo di poter estendere anche ai film questa nuova collaborazione.  Abbiamo poi introdotto il catalogo Warner, per cui direi che non abbiamo un problema di accesso ai contenuti per quanto riguarda la componente pay-per-view. Qui, il modello ormai universalmente accettato è quello del revenue sharing con le distribuzioni.  Più complessi, invece, sono gli accordi di SVOD, quelli che ci consentono cioè di costruire la nostra offerta ad abbonamento: non tutti i distributori hanno già fornito i loro titoli, anche se siamo in trattativa con la maggior parte di loro e, soprattutto, sono loro stessi a rendersi conto che si tratta di un modello più sostenibile per tutti. Col pay-per-view bisogna convincere ogni volta il cliente a fare un acquisto, quindi investire in comunicazione e in customer relationship management. Con l’abbonamento, invece, si fa uno sforzo forse maggiore all’atto dell’acquisizione dell’utente, ma poi lo stream di ricavi e l’uso del mezzo è molto più accentuato e tende a trattenere il cliente.

Pensa quindi che si possa affermare anche in Italia un mercato dello SVOD simile a quello che si è già ben configurato negli Stati Uniti?

Penso di sì, anche perché bisogna tener conto di alcune forme di racconto, dei formati più nuovi e del cinema indipendente che fanno fatica ad affermarsi all’interno di un modello tradizionale, basato su un numero di canali limitato e quindi non molto aperto a segmenti e nicchie troppo piccole. Per questo penso si stia andando verso questo nuovo sistema, che è più economico, anche se lascia un po’ scoperta la parte legata alle nuove uscite, comunque reperibili con nuove modalità a prezzi più contenuti rispetto a quelli dell’home video. In Italia abbiamo un mercato della videoteca che vale ancora molto, e che può essere agevolmente trasformato in un mercato più economico e più efficiente attraverso il video on demand.

Quali sono stati finora i risultati economici della vostra offerta?

Siamo una business unity di Telecom Italia e perciò abbiamo la regola di non comunicare risultati se non ai mercati in maniera ufficiale.  Quello che possiamo dire è che abbiamo circa 200 mila abbonati in questo momento e stiamo crescendo molto. I nostri spettatori sono inoltre molti di più, perché per noi ogni abbonato è una linea, ma dietro a una linea si può ipotizzare ci siano almeno tre persone, senza considerare poi tutti coloro che accedono al servizio senza abbonarsi, quelli cioè interessati solo alla pay-per-view o alla sezione web.

Il cinema è un asset importante della vostra offerta?

Sì, tanto che quest’anno abbiamo avuto renderlo esplicito partecipando e sostenendo diversi festival, come quello di Roma e di Taormina. Soprattutto, abbiamo raggiunto un buon accordo con Anica, perché vogliamo che il cinema italiano sia rappresentato nella nostra library in un punto ben riconoscibile e ricco di contenuti, in modo da poterlo valorizzare. Vorrei inoltre aggiungere che stiamo lavorando affinché i clienti di Cubovision abbiano su smartphone e su tablet il traffico incluso quando accedono da mobile. È importante perché per i film, ma anche per le partite e altri tipi di contenuti, il consumo di banda può essere rilevante, soprattutto se la qualità è alta. In quel caso, come operatore di telecomunicazioni, vogliamo contribuire non solo affinché il contenuto si veda bene, ma anche perché il costo complessivo dell’esperienza sia sostenibile per il nostro cliente.

Sarà quindi Cubovision a ospitare il portale on demand dell’Anica, più volte annunciato ma non ancora operativo?

Non sappiamo se saremo i soli, ma sicuramente saremo tra quelli che ospitano questa iniziativa.

Quali sono, secondo lei, i motivi per cui fino a oggi non si è sviluppato pienamente un mercato dell’on demand in Italia?

In primo luogo non è successo perché il cinema aveva, e per fortuna ha ancora, delle fonti di ricavo primarie che sono molto più grandi di quello che un produttore può ottenere dai nuovi media, vale a dire le sale e l’home video. Non tutti i produttori hanno perciò intuito che non si può fare un cambio di tecnologia quando i mercati sono troppo deboli, bisogna farlo quando i mercati ancora esistono, altrimenti accade ciò che è accaduto per la musica. E quando un mercato non c’è più, è molto difficile ricostruirlo. Ci sono stati poi problemi a ottenere i diritti per piattaforme pienamente performanti e trasversali a tutti i dispositivi, problemi che hanno limitato e in alcuni casi limitano ancora questo tipo di esperienza.

Ma siamo sulla buona strada per superare tali ostacoli?

Penso di sì. Come dico spesso ai distributori, quando si abituano gli spettatori a fruire di altri tipi di prodotti, c’è il rischio che la domanda si sposti su di quelli. Anche noi, in mancanza di contenuti, abbiamo offerto dei serial stranieri di successo, che sono risultati di grande gradimento. Per cui non è detto che stare fuori da questo settore voglia dire solo proteggere i mercati tradizionali. Può rappresentare anche un rischio per il mercato futuro, perché nel frattempo cambiano in modo radicale gli interessi e i bisogni degli spettatori. Senza scordare poi la pirateria, che può essere sconfitta solo con un’offerta molto ricca e accessibile. Se noi distribuiamo una library molto forte per 9,90 euro al mese, è chiaro che pochissimi avranno interesse a scaricare dal torrent o cercare tra i mille titoli di YouTube quello buono per vedere un film di catalogo. Resta il problema delle nuove uscite, e per quello bisognerà ridurre i tempi tra l’uscita cinematografica e la disponibilità su queste piattaforme. Se uno spettatore deve aspettare quattro mesi per vedere un film legalmente, è probabile che provi a ottenerlo per altre vie. Adesso si sta aprendo anche per l’Italia una finestra “second pay”, cioè prima dell’uscita sulla tv free, ed è già un passo interessante: potrebbe rappresentare un’opportuna soluzione editoriale per rendere disponibili i film effettivamente in prima visione, per chi non ha un’offerta pay di altro tipo. Il mercato è molto effervescente, e credo che gli attori abbiano tutti capito che è il momento di dare fiducia a queste nuove piattaforme.

Crede che la specificità del mercato televisivo italiano possa essere un limite per lo sviluppo dell’on demand?

No, pesa molto più il consumo di Internet, che nel nostro Paese è ancora basso e costituisce una vera e propria barriera. Il che dipende anche dalla scarsa diffusione del pc. Per questo come Telecom Italia pensavamo di utilizzare le piattaforme televisive per diffondere la consapevolezza delle potenzialità della banda larga, anche su segmenti che fino a questo momento non sono stati interessati. Il primo passo è perciò far capire come la banda larga offra livelli di intrattenimento interessanti, ma questo vale sul fisso, perché per quanto riguarda il mobile, invece, stiamo già ottenendo risultati molto interessanti.

Lo speciale video on demand di SW Cineguru continuerà la prossima settimana, continuate a seguirci per scoprire in che direzione sta andando il VOD in Italia.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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