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Strategie europee per il cinema: mercato italiano a confronto con la UE.

Quota di prodotto nazionale alle stelle, ma bassa frequenza al cinema e box office debole. Ecco alcune delle caratteristiche del nostro mercato illustrate nel convegno svoltosi alla 69. Mostra del Cinema di Venezia, più un focus sulle nuove normative UE e sulle politiche perseguite da Francia, Inghilterra e Germania a sostegno del settore.

Che il mercato del cinema italiano soffrisse di alcuni ritardi rispetto ai suoi “competitor” europei era già noto. Il convegno Strategie europee per il cinema, organizzato ieri nell’ambito della 69. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è stato un’occasione per fare il punto non solo sulle politiche nazionali che contribuiscono a modellare l’industria dei diversi Paesi, ma anche sulle proposte al vaglio delle istituzioni UE che potrebbero influire significativamente sul quadro normativo comunitario.

Per cominciare, un confronto tra i mercati delle quattro “big” (Italia, Francia, Regno Unito e Germania), è stato illustrato da André Lange, Capo Dipartimento per l’informazione su finanziamenti e mercati dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo. La prima criticità emersa, è nel livello del box office, sia per quanto riguarda gli incassi che le presenze. Nel 2011, i biglietti staccati nel nostro Paese sono stati 111 milioni, contro i 216,6 milioni francesi, i 171,6 della Gran Bretagna e i 129,6 della Germania. Gli italiani, sono andati al cinema 1,8 volte a testa, contro le 3,3 dei francesi, più basso anche il nostro guadagno al botteghino, per tutto il periodo 2005-2011. Per quanto riguarda i livelli di finanziamento pubblico, la Francia guida come noto la classifica grazie ai 720 milioni erogati dal CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée (304 di cui dedicati in via esclusiva al cinema), ai 109 milioni provenienti dal livello locale, ai 3 milioni degli incentivi fiscali e gli oltre 600 milioni che arrivano dalle emittenti televisive direttamente alle produzioni o al CNC.

Complessivamente, le risorse provenienti dalle amministrazioni statali e regionali nel 2011 in Italia sono state di 185,8 milioni di euro, contro i 344,1 milioni della Germania, i 365,9 del Regno Unito e i 632,9 della Francia. Negativo anche il confronto sul livello degli investimenti in produzione, in cui a guidare la classifica è la Gran Bretagna, con 1466 milioni di euro, mentre da noi si sono fermati a 423 milioni. Unico dato particolarmente positivo, la quota di prodotto nazionale, che per la diversa metodologia dell’analisi, secondo i calcoli dell’Osservatorio arriva a toccare il 41,7%, superando le stime dell’Anica e, soprattutto, superando quella francese del 37,8%.

Per quanto riguarda le politiche nazionali, il convegno ha dato la possibilità di confrontare le modalità di intervento di diversi enti che si occupano del settore.  Per il British Film Institute, Alex Stolz ha evidenziato l’impegno nella diffusione delle opere difficili (nel Regno Unito definite “specialized”) per contrastare la predominanza dei blockbuster americani. Altra iniziativa interessante perseguita dal BFI, una mappatura completa di tutti gli schermi presenti nel Paese e di tutte le proiezioni avvenute nel corso dell’anno. Una sorta di data base interattivo con tanto di schede sulla performance dei singoli film nelle diverse sale inglesi. Per il German Federal Film Fund, Cornelia Hammelmann ha messo in luce l’importanza delle produzioni straniere su territorio tedesco, quali Bastardi senza gloria o Cloud Atlas, mentre Eric Garandeau, presidente del CNC (e dunque dell’istituto che gestisce probabilmente la quantità più ingente di risorse tra gli omologhi europei), ha elencato tre punti critici che possono valere sia per la Francia che a livello europeo. Il primo, è la scarsità di risorse che costringe a ripetere in ogni occasione possibile l’importanza del sostegno pubblico alla cultura e al cinema, non solo inteso come prodotto ma anche come educazione pubblica ed esercizio, per Garandeau tre lati di un triangolo che non può fare ameno di nessuno di questi elementi. Seconda questione, decisamente centrale, la necessità di estendere il prelievo di filiera ai service provider o comunque a quei soggetti che in qualche modo traggono beneficio dal prodotto film anche in Rete. Terzo e ultimo punto, la necessità di non “balcanizzare” la situazione dei diversi mercati europei, pericolo intravisto nelle nuove proposte normative UE.

Il primo progetto al vaglio delle istituzioni europee è la bozza di Comunicazione sugli aiuti di Stato al cinema e all’audiovisivo, che intende allargare la propria efficacia anche a settori diversi dalla produzione e, soprattutto, imporre regole più restrittive per l’erogazione dei contributi, in particolare ai prodotti non europei. L’altra normativa in fase di discussione è conosciuta come Europa Creativa, e si propone di inglobare diversi programmi già in essere tra cui il noto MEDIA. Una proposta che tuttavia finora ha trovato diverse opposizioni: l’On. Silvia Costa, della Commissione cultura del Parlamento Europeo, sosterrà il fronte che chiede di mantenere distinte le forme di sostegno e di tutelare, se non aumentare, il livello di risorse comunitarie stanziate.  Una posizione sostenuta tanto dal DG Cinema Nicola Borrelli, quanto dal presidente dell’ANICA, Riccardo Tozzi, che ha rimarcato anche l’importanza, per la UE, di mantenere i contenuti al centro delle proprie politiche. Altra priorità, secondo Tozzi, consiste nel sostenere la Francia nella sua politica di prelievo fiscale nei confronti dei servizi OTT,  nel combattere le posizioni ideologiche a favore della pirateria e, per quanto riguarda l’Italia, attivare tutti gli strumenti a tutela dell’investimento obbligatorio per le tv nella produzione audiovisiva (il riferimento, ovviamente, è ancora una volta a Mediaset).

Per quanto riguarda la situazione dell’esercizio, Lionello Cerri, presidente ANEC, ha ribadito la sua proposta di prendere in considerazione il modello inglese del BFI, che si finanzia attraverso la lotteria nazionale, ma ha ricordato anche alcuni dei temi più “caldi” del momento. Primo fra tutti, l’urgenza della digitalizzazione di tutti gli schermi e “non uno di meno”; in secondo luogo, evitare il crollo dell’offerta di cinema da parte delle distribuzioni come avvenuto questa estate e, infine, la necessità di un confronto tra gli operatori sulla nuova frontiera del video on demand e dell’offerta legale in Rete.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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