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Google: “I sei modelli di business della violazione del copyright”.

Dalla Live tv al P2P, arriva una ricerca del colosso del web e del corrispettivo britannico della Siae, volta a delineare in maniera sistematica il modus operandi della pirateria, specialmente in relazione ai ritorni economici della violazione della proprietà intellettuale.

Quello che spesso si tende a dimenticare della pirateria online, è che costituisce anch’essa una componente del mercato. Spesso supplisce al mancato incontro tra domanda e offerta di contenuti sul web, per motivazioni che possono andare dalle carenze del servizio, alla sua scarsa flessibilità di fruizione, a questioni di prezzo ecc. (qui una piccola panoramica che vi avevamo proposto qualche temo fa). La pirateria, inoltre, può costituire un mercato a sé stante, o almeno è quello che vuole mettere in luce uno studio realizzato da Google e dalla Siae inglese per la Musica (PRS for Music), intitolato “I sei modelli di business della violazione del copyright”.

 

Dopo la stagione delle battaglie sul SOPA/PIPA, non stupisce che il colosso del web si prodighi per dimostrare che non sono i portali Internet ma i fornitori dei contenuti piratati a trarre beneficio dalla loro vendita o dalle sponsorizzazioni. Lo studio, tuttavia, è interessante nella misura in cui tenta di affinare e sistematizzare le conoscenze su un fenomeno che riempie il dibattito pubblico, ma nel complesso appare molto variegato e dai contorni non sempre così netti. Si può ad esempio scoprire come il segmento della pirateria cresciuto di più nell’ultimo anno (la ricerca si ferma però a maggio 2012) siano i siti che offrono programmi tv live a danno dei canali pay delle emittenti tradizionali. Le visite a queste pagine sono cresciute del 61%, con una particolare concentrazione negli Stati Uniti. Nel Regno Unito, di contro, i siti che singolarmente riescono a raccogliere più utenti sono ancora quelli basati sul P2P, ed entrambi i “settori” dipendono in larga parte dalle pubblicità e dai rimandi ad altri siti.

Nella ricerca, tuttavia, sono inclusi anche i risultati riguardanti le community che permettono di accedere a contenuti lesivi del copyright sotto abbonamento, i siti per scaricare musica, i servizi Freemium basati sull’attivismo degli utenti nel caricare contenuti, i siti di streaming. Ciascuno analizzato in base alle principali tipologie di fruizione e ai dati di accesso forniti da Google.

A questo link, la ricerca completa messa a disposizione della PRS for Music.

 

Fonte: PaidContent

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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