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Disney: film live-action “inconsistenti”, parola di CEO. La major a tutta dritta su Pixar e Marvel.

Due film di animazione l’anno, uno Pixar e uno Disney, e due Marvel: questa la strategia che deve essere intrapresa dai Walt Disney Studios secondo Bob Iger, che non si sbottona ancora sul possibile sostituto dell’ormai ex-presidente Rich Ross.

Non sembra ancora destinata a concludersi la vacatio [Aggiornamento: Alan Horn è appena stato nominato nuovo presidente] in corso ai Walt Disney Studios dopo le dimissioni del presidente Rich Ross, arrivate a seguito del flop di quel John Carter costato alla major una perdita da 200 milioni di dollari. Cifre che oggi appaiono ridimensionate grazie al successo sopra le aspettative di The Avengers, ma che comunque hanno spinto inesorabilmente verso questo cambiamento al vertice della compagnia, in merito al quale tuttavia il CEO Bob Iger non ha voluto ancora fare nomi.

Anche se non si prospetta un candidato certo, l’amministratore delegato della Disney ha comunque precisato che la major continuerà a perseguire una strategia definita come “chiara”: due film di animazione l’anno, uno Pixar e uno Disney, più due Marvel. Questo, secondo Iger, è un tipo di prodotto ben collaudato, mentre i film live-action si sono rivelati per lo più “inconsistenti”, soprattutto per l’anno passato (e il riferimento a John Carter è ovvio, ma forse anche alla commedia adolescenziale Prom, che in teoria avrebbe dovuto essere il coronamento del passaggio di Ross da Disney Channel a Disney Studios, e invece è passata praticamente inosservata dal pubblico).

Il messaggio lanciato al management della major, quello attuale e quello a venire, sembra perciò cristallino: “Non siamo quel tipo di studio che fa 24 film l’anno”, ha concluso ieri Iger parlando alla Sanford C. Bernstein Strategic Decisions Conference. E un ulteriore segnale in tal senso sembra venire dalla messa in standby del progetto The Order of the Seven, con Saoirse Ronan, altro adattamento live-action di Biancaneve, ambientato addirittura nella Hong Kong del diciannovesimo secolo. Un film tra l’altro affidato alle mani di un regista esordiente come Michael Gracey, il che deve aver convinto la Disney a non arrischiarsi in un altro investimento poco sicuro ma molto dispendioso, come nel caso di John Carter.

 

Fonte: Deadline

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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