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Pirateria: 10 problemi che alimentano l’offerta illegale.

Prendendo spunto da una lista compilata in merito ai videogame, ecco alcune delle rigidità del settore distributivo che impediscono l’incontro con la domanda di contenuti proveniente dagli utenti del web…

La pirateria è spesso definita come un furto causato da una combinazione di scarsa consapevolezza degli utenti più siti “canaglia” che traggono profitto dalla violazione del copyright. Noi invece abbiamo sottolineato più volte come la pirateria evidenzi anche un gap tra la domanda e l’offerta dei contenuti in Rete, il primo fronte su cui agire per indirizzare i pubblici verso la fruizione legale online di film, musica e quant’altro. Il sito Complex, partendo dall’esempio dei videogame, riassume in 10 punti le criticità che possono spingere semplici web surfer a trasformarsi in “pirati”.

Partiamo dal numero 10: l’incertezza sulla qualità del prodotto. Il discorso si riferisce al settore dei giochi, ma è facilmente estendibile ad altri tipi di contenuti, che possono deludere i consumatori a causa di imponenti campagne di marketing talvolta più dispendiose della stessa fase di realizzazione del prodotto. Lo scarso livello dell’offerta avrebbe portato nel tempo gli utenti a orientarsi verso generi ben definiti e sequel, abbassando ulteriormente la loro propensione verso le nuove proposte. In questo caso, la pirateria potrebbe essere letta come un segnale della sfiducia dei consumatori e della loro ritrosia a spese “rischiose”.

Numero 9, il problema degli standard tecnologici. Si tratta forse di una “issue” di sicuro più sentita per i videogame, la cui fruizione è strettamente legata al tipo di dispositivo utilizzato. Per quanto riguarda i prodotti audiovisivi, questo è comunque destinato a diventare un tema centrale: basti pensare al lancio di UltraViolet e dell’introduzione dei film all’interno di iCloud. L’industria legata ai supporti fisici, già in forte sofferenza, dovrà trovare strumenti sempre adeguati per rispondere all’esigenza dei consumatori di pagare un’unica volta per il contenuto acquistato e fruirlo sulla pluralità di device fissi e mobili a sua disposizione. Un fronte su cui l’offerta illegale è già molto avanzata, non essendo appunto soggetta ad alcuna limitazione legata alla difesa del copyright.

In ottava posizione, anche se tratta di un fattore fondamentale, troviamo il prezzo, e a tal proposito un ottimo esempio potrebbe essere la diffidenza dimostrata da Hollywood verso servizi di SVOD ad abbonamento mensile come Netflix, per non parlare della catena di distributori automatici di DVD e Blu-ray RedBox. Entrambe realtà che hanno conosciuto una crescita notevole e repentina, segno dell’apprezzamento del pubblico per l’offerta legale a costi contenuti, spesso osteggiata dalle major che preferirebbero rivitalizzare il più lucroso mercato dell’home video. L’attaccamento agli alti profitti precedenti la rivoluzione digitale, può inoltre andare a incrementare quell’ideologia anticapitalista già molto diffusa in una parte della pirateria, e anche tra chi l’appoggia pubblicamente (punto 7). Il tema culturale è molto sentito anche in Italia, dove alcuni dei rappresentanti dell’industria culturale lamentano un certo atteggiamento di rappresentanti e istituzioni che considerano opportunisticamente ideologico e indulgente verso “il popolo della Rete” (vedi la nostra intervista al presidente dell’Anica, Riccardo Tozzi).

 

 

Salendo nella top 10, troviamo la carenza della distribuzione digitale: si tratta probabilmente di una delle rigidità più critiche del mercato e più strettamente legata alla pirateria. Qualche tempo fa vi avevamo fatto l’esempio di un utente che volesse vedere in streaming o scaricare la serie Game of Thrones. Bene, quell’utente scoprirebbe di non poterla trovare né su iTunes, né su Hulu, né su Netflix, perché il detentore dei diritti, la rete HBO, permette di fruirlo online solo a chi possiede già un abbonamento via cavo, cioè una duplicazione che non va affatto incontro alle esigenze dei consumatori, e tutto ciò in un contesto come quello statunitense dove il VOD, al contrario dell’Italia, conosce già un buon livello di sviluppo.

 

Nell’ambito dei videogiochi, una certa importanza ricopre anche la mancanza di demo, mentre al quarto e terzo punto si trova una problematica piuttosto centrale per tutti i prodotti audiovisivi, cioè le diverse policy delle aziende a livello internazionale, sia per quanto riguarda la disponibilità dei contenuti che il prezzo. Anche in questo caso, l’assenza di un servizio di streaming VOD comparabile a quello esistente negli USA e in altri mercati occidentali, fa del nostro Paese un caso piuttosto emblematico. Quanto può essere frustrante trovare un contenuto (gratuito o a pagamento) su Youtube e scoprire che non lo si può visualizzare perché il creatore ne ha impedito la trasmissione nella nostra area geografica? Cruciale, da questo punto di vista, sembra la persistente difficoltà di operatori e legislatori a considerare le dimensioni intrinsecamente, nonché inevitabilmente, globali della Rete e dei suoi naviganti.

 

Al secondo posto, per i player, si classificano poi le eccessive misure di protezione, di cui abbiamo già parlato, mentre, per Complex, non si può ignorare la semplice propensione alla pirateria di chi preferisce avere qualcosa gratis piuttosto che acquistarlo a un prezzo anche adeguato. Al primo posto ci sarebbe dunque lo “zoccolo duro” della pirateria, che non avrebbe nulla di ideologico ma semmai sarebbe frutto di una scarsa consapevolezza riguardo a come il fenomeno della violazione della proprietà intellettuale danneggi l’intero settore, e non solo le grandi multinazionali. Ma si tratta appunto di un gruppo residuale rispetto a una “flotta” complessiva di pirati infoltita dalle precedenti ragioni. Che, in fin dei conti, riportano tutte all’esigenza di capire le varie componenti dell’offerta illegale e rispondere, con adeguate politiche commerciali, a quelle che non riguardano gli irriducibili della pirateria.

 

 

Fonte: Complex

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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