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Indicinema: il rilancio degli indipendenti al Festival del film di Roma.

La kermesse capitolina ospita un dibattito sul futuro del cinema indipendente, che per cogliere le opportunità offerte dal digitale deve darsi un profilo imprenditoriale serio e credibile.

500-600 mila euro di budget, utilizzo delle tecnologie digitali e di nuove metodologie per la promozione dei film, meno incentrate sul cartaceo e più sul web e sull’ “accompagnamento” fisico dei film nelle sale da parte di realizzatori e cast. Questo è l’identikit del nuovo cinema indipendente tracciato da Indicinema, progetto nato a maggio di quest’anno per trovare un approccio industriale serio per questo settore, caratterizzato da disponibilità economiche limitate e troppo spesso anche da autofinanziamento e varie  forme di sommerso. Se ne è parlato ieri al convegno intitolato “La proposta Indicinema per il rilancio della produzione indipendente”, che ha chiuso un ciclo di tre incontri ospitati dal VI Festival Internazionale del Film di Roma.

Ad aprire il dibattito il regista Pasquale Scimeca, che ha ricapitolato le principali criticità del settore, partendo dal caso del suo Rosso Malpelo, uscito nel 2006 su canali assolutamente inusuali e forte di un incasso di più di 800 mila euro a fronte di un costo di 850. “Per un film indipendente è un grande successo, al pari di quei titoli osannati perché riescono a  guadagnare 3-4 milioni ma ne sono costati 6”, ha spiegato Scimeca, aggiungendo che oggi senza i costi legati alla pellicola le spese della produzione si assottigliano ulteriormente e non giustificano quei “ragionamenti per cui non si pagano le persone, i diritti e le location”. Il vero ostacolo per gli indipendenti è costituito invece dalla distribuzione: “Un sistema di tipo monopolistico, dove operano una decina di attori che fanno finta di essere diversi ma in realtà  propongono tutti lo stesso prodotto”. E non bisogna illudersi, “non ci si può ritagliare piccole nicchie: o non le danno o ti mettono in luogo dove nessuno può vederti, facendoti uscire in estate o per un tempo ristrettissimo”.

La soluzione trovata da Scimeca per Rosso Malpelo fu la creazione di un “mercato parallelo”, mettendo in rete una serie di realtà individuali e completamente slegate fra loro: cineclub, scuole (molto  adatte allo scopo visto il soggetto del film) e realtà associative. A questo proposito, Scimeca consiglia di andare a cercare caso per caso i soggetti in teoria anche lontani dal cinema ma vicini ai temi dell’opera, come nel suo caso fu per Placido Rizzotto e Libera di Don Ciotti, che ha usato per molto tempo il film nei suoi programmi di educazione alla legalità. Tornando a Rosso Malpelo, il problema principale una volta individuati i luoghi adatti è stato “confrontarsi con molte realtà abituate ad organizzare proiezioni gratuite con DVD comprati e acquistati magari all’edicola”. Quando si parla di un sistema industriale, invece, gli incassi vanno registrati e spediti alla Siae in modo da avere dei dati certi sull’andamento del film. È stato inoltre fondamentale abbassare il costo dell’ingresso, tanto che gli 800 mila euro di Rosso Malpelo sono stati realizzati con biglietti da 3-4 euro.

L’idea di Indicinema è quindi di mettere a punto un service in grado di riunire esperienze come quella di Scimeca in una sorta di database, anche per preservare i produttori indie da qualche intoppo come quello affrontato dal poetico e drammatico Et in terra pax, di cui ha parlato il produttore Simone Isola, di Kimera Film. Si tratta di un progetto nato da un gruppo di allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia con un budget previsto di 300 mila euro. Ma dopo le porte chiuse dalla Rai, che non ne ha acquistato i diritti d’antenna, e dal Mibac, che non  gli ha erogato contributi poiché il costo era ritenuto troppo basso per un prodotto non amatoriale, si sono ritrovati con soli 50 mila euro investiti dal produttore Gianluca Arcopinto, bastati giusto per coprire il costo delle 3 settimane di riprese. Dopo essere stato ben accolto a Venezia e aver cominciato un iter per di più di 30 festival internazionali, Et in terra pax è stato distribuito da Cinecittà Luce, ma a ridosso dell’estate, con molti mesi di ritardo e in non più di 10 copie, senza coprire nemmeno tutte le capozona. Nonostante tutto, il film ha registrato una buona media per sala e a gennaio uscirà in Francia con il doppio delle copie avute in Italia, e c’è la possibilità che sia acquistato anche da un canale televisivo.

Si è rifiutato invece di affidare la propria commedia alle distribuzioni Gian Paolo Vallati, autore del film Cara ti amo, che sta contattando “porta a porta” agli esercenti interessati: “Visto l’esempio di Et interra pax e del film di Laura Luchetti [Febbre da fieno ndr] massacrato da una distribuzione sbagliata, ho deciso di fare da solo anche per non cedere tutti i diritti, da quelli sull’home video a quelli d’antenna, senza avere così neppure la minima possibilità di rientrare dei costi”. Ma c’è anche chi, per abbattere i costi di realizzazione, ha inventato un modo completamente diverso di finanziare il cinema, come The Coproducers – rappresentati da Marco Bonini – che hanno trovato il sistema di far partecipare tutta la troupe alla produzione e di conseguenza ai ricavi del film. Come? Con l’acquisto collettivo dei diritti di sfruttamento della sceneggiatura, con quote differenziate da cui dipenderà poi anche la spartizione degli introiti. Il contratto che rende possibile il meccanismo è scaricabile dal sito www.thecoproducers.org ed è stato riconosciuto valido anche a livello istituzionale.

In rappresentanza delle categorie professionali, il presidente della FIDAC (Federazione Italiana Associazioni del Cineaudiovisivo) nonché storico montatore Roberto Perpignani ha dato la disponibilità a lavorare con serie produzioni indie anche a costi ridotti, purché venga rispettata la legalità, mentre più complesse sono le rivendicazioni dl sindacato, di cui ha parlato Silvano Conti di SLC/CGIL Nazionale. “Una delle nostre maggiori preoccupazioni era la delocalizzazione, che però in questa fase appare meno virulenta così come il sommerso. Ora la priorità è chiudere i contratti nazionali, sia per la produzione e distribuzione, sia per l’esercizio” ha dichiarato il sindacalista, che più in generale vede nel Governo la volontà di destrutturare la normativa del settore, come dimostrerebbe la drastica riduzione del budget di Cinecittà e il blocco dei fondi dell’Enpals. L’Ente previdenziale dello spettacolo, come denunciato recentemente anche dall’Agis, non erogando pensioni ha accumulato un patrimonio di quasi un miliardo e mezzo di euro. Un “tesoretto” che, sia Indicinema sia il sindacato, chiedono non resti alla mercé del ministro dell’Economia ma sia utilizzato a favore delle produzioni, per sollevarle dall’onere spesso gravoso di versare i contributi dei propri collaboratori. Conti ha inoltre sottolineato l’importanza di chiudere il contratto collettivo anche per la passibilità di inserirvi condizioni diverse non solo per cinema, fiction e  tv, ma  anche a seconda del tipo di produzione, favorendo quelle che richiedono magari più flessibilità come i documentari.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it
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