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Alla ricerca del 3D tarocco

Prendendo spunto da un’ANSA (o viceversa, questo non l’ho ben capito) è uscito qualche giorno fa sulla La Stampa un articolo ripreso da più parti che fa di tutta l’erba un fascio e parla di film in 3D tarocchi dando l’avvio al tipo di confusione che ipotizzavamo quando abbiamo dato la notizia della conversione al…

Prendendo spunto da un’ANSA (o viceversa, questo non l’ho ben capito) è uscito qualche giorno fa sulla La Stampa un articolo ripreso da più parti che fa di tutta l’erba un fascio e parla di film in 3D tarocchi dando l’avvio al tipo di confusione che ipotizzavamo quando abbiamo dato la notizia della conversione al 3D degli ultimi due capitoli di Harry Potter e di Scontro di Titani.

Nel calderone dei “tarocchi”, almeno per certa approssimativa stampa italiana, è finito anche Alice in Wonderland, pur se l’articolo di Slate da cui tutto ha avuto origine non mette proprio sullo stesso piano i film che diventano improvvisamente 3D a 5 milioni di $ l’uno dopo il successo di Avatar e quelli che, pur avendo un diverso procedimento produttivo rispetto ad Avatar e ad altri film “ripresi con due telecamere”, nascono comunque concepiti in 3D anche se diventano tali in post-produzione.

Il primo a criticare Tim Burton (vittima in questi giorni di ancor più ridicoli incidenti di malainformazione nostrana) per non aver girato il film in 3D, ma lavorarlo in tal senso in post-produzione, è stato proprio Cameron in tempi non sospetti perché secondo lui “non ha senso girare in 2D e poi convertire in 3D”, ma devo ammettere che pur essendo un estimatore del lavoro fatto dal Re del Mondo con Avatar non mi è mica tanto chiaro neppure nel suo film cosa sia “girato in 3D” e cosa sia post-prodotto in 3D quando la quasi totalità di quello che si vede è in CGI e non sono certo i primi piani di Worthington o degli altri membri del cast in quei pochissimi momenti in cui sono ripresi dal vivo in ambienti reali a fare il 3D del film.

Penso che la differenza tra un 3D tarocco e uno che non lo è stia nel come un film è concepito, pensato, scritto, immaginato dalla mente del regista e poi dallo stesso realizzato, non solo nell’uso o meno della ripresa stereoscopica, che è un fattore certo fondamentale del 3D, ma non l’unico ad avere un impatto decisivo sull’esperienza finale dello spettatore, che potrà risultare convincente anche in altri casi.

Qui sotto (qui un altro articolo più breve) c’è un frammento dell’articolo di Slate che parla di come viene realizzata questa lavorazione in post-produzione e la sensazione è che anche in “semplici” conversioni, come quelle attraverso cui passerà Clash of the Titans e gli ultimi due capitoli di Harry Potter, ci possa essere un contributo tecnico/artistico di notevole livello.

Una volta fatto questo, il computer prende il sopravvento. Il software crea una nuova immagine dell’uomo muovendo le varie regioni del contorno della mappa a destra o a sinistra e rende tutto più pulito. La parte della punta del naso dell’uomo, per esempio, verrebbe spostata il più lontano possibile, mentre le parti più distanti – la parte posteriore della sua spalla – verrebbero spostate un po’ di meno. Quindi il processo dovrebbe essere ripetuto per gli altri due livelli dell’immagine: il muro e il cielo. (Il primo si muoverà solo leggermente, il secondo quasi niente.) In generale, questo processo deve essere completato per ogni oggetto in ogni inquadratura di tutto il film – un impegno che potrebbe richiedere mesi, anche con un team di 30 o più artisti. (Il carico di lavoro dipende in parte dalla quantità di movimento caotico nella scena. Se un oggetto è relativamente immobile, l’artista può tracciare alcuni fotogrammi rappresentativi e lasciare il computer ad interpolare il resto. In caso contrario, deve lavorare frame-by-frame).

Ma allora come fa un film convertito in 3-D a reggere il confronto con uno girato con una vera e propria camera 3-D? Non ha la stessa qualità ma probabilmente non si noterebbe la differenza, a meno che non si è esperti dei trucchi 3-D. Durante il processo di conversione, gli artisti e il software devono riempire un sacco di spazi vuoti. Si consideri l’esempio di cui sopra, dove l’immagine di un uomo è spostata sullo sfondo di un muro di mattoni. Questo spostamento lascia uno spazio vuoto nell’immagine – la porzione del muro dietro di lui che non era presente nell’immagine originale. A quel punto l’artista deve tagliare un pezzo di immagine da altre parti dello sfondo e incollarlo nel buco a forma di uomo. Se questo lavoro di taglia-incolla non è fatto alla perfezione, anche uno spettatore inesperto avrà la sensazione che qualcosa non quadra. Un altro problema deriva dal fatto che l’immagine è stata convertita in tre, quattro o otto strati di profondità, un po’ come la musica digitale, che è composta una serie di istantanee piuttosto che un’onda continua del suono. Una fotocamera stereoscopica utilizza un numero infinito di livelli, in modo da produrre un’immagine che assomigli il più possibile a quella percepita dall’occhio umano.

Tuttavia, alcuni registi di film 3-D decidono di convertire dopo aver girato, piuttosto che utilizzare le camere stereo nelle riprese. Uno dei motivi è il costo. Gli stereografi chiedono milioni di dollari per i lungometraggi. Una conversione completa da 2-D a 3-D di solito costa un po’ di meno, ma può sempre arrivare alle sette cifre. (Alcune aziende di conversione ora decidono di risparmiare con l’outsourcing del lavoro in Asia.) Un’altra ragione per la conversione è la familiarità. Girare un film in 3-D richiede una certa capacità decisionale: in particolare si deve trovare il modo di massimizzare l’effetto di profondità riducendo al minimo il potenziale di affaticamento degli occhi. Alcuni registi si sentono vincolati da queste limitazioni. In ogni caso, non tutti i registi 3-D sono convinti che la conversione funzioni altrettanto bene. James Cameron, per esempio, ha criticato Tim Burton per l’utilizzo di questo approccio nel suo film di prossima uscita, Alice nel paese delle meraviglie: “Non ha alcun senso girare in 2-D e poi convertire in 3-D”, ha detto.

Nonostante le critiche di Cameron ad Alice in Wonderland, è chiaro da questo breve passaggio che, anche parlando di semplice conversione dal 2D al 3D, ci sono una tale quantità di variabili e di contributi ad entrare in gico che, per paradosso, un film convertito potrebbe risultare, se questa conversione è fatta con grande cura, forse anche più convincente di un film girato male in stereoscopia.

Per avere un’idea un po’ più precisa di come avvengono queste conversioni segnalo su questo sito, purtroppo in tedesco, un video (il secondo) che rende velocemente l’idea di come può essere realizzata la trasformazione di un filmato 2D in 3D.

Detto questo, quindi, indubbiamente ci sono e ci saranno titoli che vengono convertiti in 3D solo al fine di salvare il salvabile, per dare cioè al pubblico, magari ancora confuso, un motivo per andare a vedere qualcosa che magari non avrebbe nemmeno preso in considerazione. Furbe operazioni di questo tipo sono state sicuramente Viaggio al centro della terra 3D e San Valentino di Sangue 3D, indipendentemente da qualsiasi giudizio sul loro 3D.

Poi ci sono titoli come Scontro di Titani e gli Harry Potter di cui sopra, ma si mormora anche di un doppio finale Twilight e di Transformers 3, che non sono nati in 3D, sono fortemente voluti in tale formato innanzitutto per non sfigurare al Box Office futuro, ma che potrebbero essere realizzati in 3D in modo eccellente, trattandosi tra l’altro di film in momenti ben diversi del loro processo di realizzazione e con intere sequenze realizzate in CGI.

Infine ci sono i film, come Alice in Wonderland nello specifico, in cui il 3D entra in un modo o nell’altro fin dall’ideazione del film, che poi ogni regista realizza con gli strumenti che ritiene più opportuni, in base alla propria sensibilità e alla proprie capacità.

Partire dal presupposto che i film non girati in stereoscopia sono 3D tarocchi mi sembra quindi un’affermazione quantomeno approssimativa. Cosa dovremmo dire allora dei film in animazione CGI, dove di sicuro non c’è niente di reale da “riprendere”, tantomeno in stereoscopia? Eppure sono proprio i film d’animazione che ci sono stati presentati in 3D per primi e avremmo presto più di un esempio, con Toy Story 1 e 2, di come un film possa rinascere nel nuovo formato, pur non essendo stato concepito per quello scopo, dato che sui film d’animazione e sulla possibilità di renderizzarli in stereoscopia bisognerebbe aprire tutta una lunga, apposita parentesi.

Tutto questo per dire attenzione a mettere tutto il 3D in un unico calderone, abbiamo la fortuna di vivere in tempi interessanti e bisognerà giudicare caso per caso.

Davide Dellacasa
Publisher di ScreenWeek.it, Episode39 e Managing Director del network di Blog della Brad&k Productions ama internet e il cinema e ne ha fatto il suo mestiere fin dal 1994.
http://dd.screenweek.it

2 thoughts on “Alla ricerca del 3D tarocco

  1. Credo che il 3D tarocco sia tale quando è fatto in postproduzione, quindi anche quello dell’animazione e anche quello di gran parte di Avatar (che però è stato fatto con uno sforzo tale da renderlo di una classe superiore).

    Mi sembra sia importante riconoscere i metodi di lavorazione e quindi i risultati, tuttavia il 3D tarocco non credo sia sempre male. Quello a praticamente solo 2 livelli di Coraline era molto bello. Il tarocco è sostanzialmente più semplice di quello vero, ma spesso la semplicità sa essere più comunicativa, essenziale e diretta della complessa realtà delle cose.

  2. E’ proprio quello che volevo dire, c’è una scelta artistica importante anche nel come postproduci il 3D e quindi non vale in assoluto l’equivalenza 3D postproduzione = tarocco, è un’approssimazione sbagliata.

    Quanto all’animazione la questione è ancora più complicata. Una cosa è avere un film d’animazione piatto (che potrebbe essere anche tradizionale, come Biancaneve e is ette nani) e farlo diventare 3D con le tecniche descritte sopra nel post, un’altra è renderizzare tutto il film, teoricamente col doppio dei fotogrammi, in una versione per l’occhio destro che in una per l’occhio sinistro, che significa avere due “macchine da presa”, due illuminazioni e via dicendo.

    Ad esempio sarei curiosissimo di sapere cosa hanno fatto con i Toy Story 1 e 2 da questo punto di vista.

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